‘Ndrangheta in Valle Condannati i politici
AOSTA «Che la ‘Ndrangheta si sia infiltrata ai più alti livelli politici in Valle d’aosta non è solo l’ipotesi d’accusa della Dda di Torino e dei carabinieri, ma, da ieri pomeriggio, una verità giudiziaria (seppur di primo grado): il tribunale di Aosta ha infatti condannato a 10 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa il consigliere regionale (sospeso) Marco Sorbara e l’ex assessore del comune di Saint-pierre Monica Carcea. Condanna (per associazione mafiosa) anche per il consigliere comunale del capoluogo (sospeso) Nicola Prettico (11 anni), il dipendente del Casinò di Saintvincent Alessandro Giachino (11 anni) e il ristoratore Antonio Raso (13 anni). La sentenza, arrivata dopo 7 ore e mezza di camera di consiglio, ha così accolto la ricostruzione dei pubblici ministeri Stefano Castellani e Valerio Longi, che hanno coordinato le indagini dei carabinieri del Ros e del Nucleo operativo di Aosta. «Le sentenze si rispettano, noi abbiamo fatto il nostro dovere», si è limitata a dire il procuratore capo di Torino (e coordinatore della Dda) Anna Maria Loreto, uscendo dal palazzo di giustizia, dopo aver assistito alla lettura del dispositivo. Furibondo, invece, l’avvocato Raffaele Della Valle, fondatore di Forza Italia ed ex deputato, uno dei legali di Sorbara: «Questa è una giustizia dominata dal sospetto e alimentata dalla cultura delle inquisizioni. Eppure i processi non li fanno le caserme, ma i giudici». Pausa: «E, tra parentesi, la pronuncia arriva tre giorni prima delle elezioni».
Non è solo una sentenza, quella di ieri, ma un fatto storico, se dopo alcune inchieste finite nel nulla o archiviate («Lenzuolo», nel 2001), elementi e prove vagliate da un giudice confermano l’esistenza di un locale di ‘Ndrangheta in Valle. Ovvero una criminalità organizzata che, tramite Raso, aveva contatti diretti con Sorbara, all’epoca assessore comunale ad Aosta, e con Carcea, che si rivolgeva ad esponenti della malavita per comporre i dissidi all’interno della giunta di Saint Pierre. Comportamento negato dai suoi legali, gli avvocati Claudio Soro e Francesca Peyron.
Durissimo, il giudizio della Procura sui cinque alla sbarra, per i quali non erano state chieste le attenuanti generiche: «Questi imputati hanno intaccato il funzionamento della pubblica amministrazione e pregiudicato l’immagine di questo territorio, che hanno usato come fosse cosa propria», aveva riassunto il procuratore Loreto, chiudendo la requisitoria dei colleghi. A vario titolo, gli imputati sono stati condannati anche al risarcimento dei danni alla Regione (150 mila euro), al Comune di Aosta (180 mila), all’associazione Libera (50 mila). L’indennizzo più alto è andato al Comune di Saint Pierre, che era stato sciolto: l’avvocato di parte civile, Giulio Calosso, ha infatti ottenuto 200 mila euro. Lo scorso 18 luglio, il gup di Torino aveva condannato altri 12 imputati (della stesso procedimento) che avevano scelto il rito abbreviato, con pena massima di 12 anni e otto mesi: qui ad Aosta, per gli accusati, è andata peggio.