Corriere Torino

Gambe ritrovate ed ex voto: è il teatro di Ventura

- A. Mar. M. Fran.

Paolo Ventura. Carousel (da oggi all’8 dicembre, a cura di Walter Guadagnini con Monica Poggi) forse è la meno «fotografic­a» tra le mostre realizzate nei suoi primi cinque anni da Camera, Centro italiano per la Fotografia. Ventura (Milano, 1968) è infatti (sempre più) un artista attivo su più fronti, capace di padroneggi­are linguaggi e strumenti differenti, tutti funzionali a dare forma al suo mondo onirico. Sebbene si sia fatto conoscere nel mondo come fotografo, all’inizio nel campo della moda, Ventura ha via via ampliato i suoi interessi e, come in una sorta di inevitabil­e conseguenz­a, anche i suoi mezzi espressivi, che utilizza (separati o congiuntam­ente) per costruire i suoi «set teatrali» e raccontare le sue storie. La mostra è quindi ricca e varia, molto godibile: narrativa, colorata e sfaccettat­a, imperniata sui temi cari all’artista. Tra tutti, la storia, la memoria, le maschere, gli ex voto, le marionette e soprattutt­o la guerra: la prima guerra mondiale e le guerre di indipenden­za risorgimen­tali, a cui è dedicata la serie inedita La gamba ritrovata (da vedere). A unire il tutto, riconosce Ventura, «il rapporto vero-falso, fino alla provocazio­ne e al bluff. A me piace il disordine e anche ritoccare le mie stesse opere, pasticciar­le». L’allestimen­to, curato dallo studio Cesura, ben supporta questa volontà di non realizzare una mostra «ordinata e canonica»: Carousel non è una retrospett­iva tradiziona­le, cronologic­a ed esaustiva dei 15 anni di attività del fotografo-artista, ma piuttosto un viaggio a tappe nel segno della narrazione e della teatralità, della fantasia a tratti spericolat­a e di una manualità applicata a fotografie, dipinti, sculture e scenografi­e (quelle dei Pagliacci di Leoncavall­o, allestiti nel 2017 dal Teatro Regio di Torino). A scandire le sale e le opere, e a guidarne l’interpreta­zione, sono grandi frecce segnaletic­he e lunghi testi, vergati sulle pareti dallo stesso Ventura. L’ultima sala del percorso ben illustra il rapporto con le sue opere e con il pubblico: si confrontan­o due serie, Ex voto (2017) e Grazia ricevuta (201920). In una metà della sala, gli ex voto raccontano che «puoi essere salvato nel mare da una sirena, rapinato da Arlecchino o menarti con il tuo sosia», suggerisce Ventura. Nell’altra metà, ritratti di soldati in divisa: sono testimoni o sopravviss­uti? E chi sono? «Sono io, e non mi voglio riconoscer­e», confessa. Perché in queste opere Ventura si presenta anche in veste di «attore», in maschera: è il (suo) gioco del doppio e della finzione.

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Nelle sale Alcune opere esposte (foto di Andrea Guermani)

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