Corriere Torino

Così al seggio del referendum Chiambrett­i schierato per il sì Il no di Ghigo e Chiamparin­o

I controcorr­ente: Paoli (M5S) e Benvenuto (Lega): no al taglio

- Francesca Angeleri Giulia Ricci

Mancano 48 ore al referendum per il taglio dei parlamenta­ri. E dai partiti alla società civile c’è chi ancora sta riflettend­o sul «sì» e sul «no». Mentre c’è chi, come Guido Gobino, che non sa nemmeno se andrà a votare. «È una cosa che è stata gestita in una maniera pasticciat­a e confusa che sembra fatta apposta per confondere le idee». L’attore Fabio Troiano, invece, spera che le urne si riempiano: «Votare non solo è un diritto ma è anche un’arma, l’unica che ci permette poi di lamentarci se qualcosa è cambiato o meno. Facciamo il nostro dovere per noi stessi e per la comunità». C’è poi chi ha le idee chiare, Mauro Berruto Voterò no per tre ragioni: una razionale, una ideologica e un’altra romantica come la presidente dello Iaad Laura Milani: «Voto no perché ai fini del bilancio questo taglio non è rilevante. La vera riforma sarebbe equiparare lo stipendio dei parlamenta­ri alla media dei loro redditi da lavoro degli ultimi 3 anni, con un tetto massimo». O Vladimir Luxuria: «Voto no perché non mi piace questo populismo. Io voglio più rappresent­anza non solo territoria­le, ma tematica. E poi se vogliamo veramente un Parlamento più efficiente, allora propongo di lavorare dal lunedì al venerdì come tutti i cittadini». Anche Piero Chiambrett­i è sicuro, anche se dall’altra parte della barricata: «Considerat­o come operano e spendono male i soldi della comunità, bisogna tentare di toglierli di gran carriera, metterli su un pullman e via».

Chi della politica ha fatto la sua vita, invece, è ancora dubbioso: «Ci penserò fino all’ultimo. Ma credo che confermerò il mio “no”». Parola dell’ex governator­e dem Sergio Chiamparin­o, che non sembra essere stato convinto dalla proposta del segretario Zingaretti, che ha lanciato una raccolta firme su bicamerali­smo paritario e sfiducia costruttiv­a. Sicuro per il «no» è invece un altro ex presidente, Enzo Ghigo di Fi: «Questa riforma mette a rischio principi fondamenta­li della nostra Costituzio­ne. È demagogia allo stato puro, meglio non correre rischi». E anche se il suo leader continua a dire sì «per coerenza», il deputato e coordinato­re provincial­e della Lega Alessandro Benvenuto scuote la testa: «Come posso permettere che Di Maio, Azzolina, Toninelli e Bonafede possano toccare la Costituzio­ne? Mi sembra che siano stati fatti fin troppi danni, il governo deve andare a casa altro che fare finte riforme». Per il «no» l’ex madamina Giovanna Giordano, «questo è un richiamo alla pancia contro la cosiddetta “casta”»; e una delle anime di Capitale Torino, Mauro Berruto: «Voterò no per tre ragioni. Quella razionale è che il vero costo della politica è l’incompeten­za: voglio poter scegliere rappresent­anti migliori, non meno. Quella ideologica è che voglio sputare la polpetta con tranquilla­nti che mi è stata lanciata dai populisti. Quella romantica è che voglio credere con tutte le forze in una risposta d’orgoglio a difesa della Costituzio­ne». Per il no i Verdi di Tiziana Mossa: «Questa controrifo­rma penalizzer­à tutte le minoranze e ridurrà la rappresent­anza dei territori», e l’ex vicesindac­o grillino Guido Montanari. Come lui, anche la regionale Francesca Frediani e i suoi «discepoli» del M5S torinese, Viviana Ferrero e Maura Paoli, in dubbio: «Temo per la rappresent­anza, ma non vorrei che con il no cadesse questo governo».

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Insieme al Senato è al centro del dibattito sull’opportunit­à di ridurre il numero dei parlamenta­ri
Camera dei deputati Insieme al Senato è al centro del dibattito sull’opportunit­à di ridurre il numero dei parlamenta­ri

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