Così al seggio del referendum Chiambretti schierato per il sì Il no di Ghigo e Chiamparino
I controcorrente: Paoli (M5S) e Benvenuto (Lega): no al taglio
Mancano 48 ore al referendum per il taglio dei parlamentari. E dai partiti alla società civile c’è chi ancora sta riflettendo sul «sì» e sul «no». Mentre c’è chi, come Guido Gobino, che non sa nemmeno se andrà a votare. «È una cosa che è stata gestita in una maniera pasticciata e confusa che sembra fatta apposta per confondere le idee». L’attore Fabio Troiano, invece, spera che le urne si riempiano: «Votare non solo è un diritto ma è anche un’arma, l’unica che ci permette poi di lamentarci se qualcosa è cambiato o meno. Facciamo il nostro dovere per noi stessi e per la comunità». C’è poi chi ha le idee chiare, Mauro Berruto Voterò no per tre ragioni: una razionale, una ideologica e un’altra romantica come la presidente dello Iaad Laura Milani: «Voto no perché ai fini del bilancio questo taglio non è rilevante. La vera riforma sarebbe equiparare lo stipendio dei parlamentari alla media dei loro redditi da lavoro degli ultimi 3 anni, con un tetto massimo». O Vladimir Luxuria: «Voto no perché non mi piace questo populismo. Io voglio più rappresentanza non solo territoriale, ma tematica. E poi se vogliamo veramente un Parlamento più efficiente, allora propongo di lavorare dal lunedì al venerdì come tutti i cittadini». Anche Piero Chiambretti è sicuro, anche se dall’altra parte della barricata: «Considerato come operano e spendono male i soldi della comunità, bisogna tentare di toglierli di gran carriera, metterli su un pullman e via».
Chi della politica ha fatto la sua vita, invece, è ancora dubbioso: «Ci penserò fino all’ultimo. Ma credo che confermerò il mio “no”». Parola dell’ex governatore dem Sergio Chiamparino, che non sembra essere stato convinto dalla proposta del segretario Zingaretti, che ha lanciato una raccolta firme su bicameralismo paritario e sfiducia costruttiva. Sicuro per il «no» è invece un altro ex presidente, Enzo Ghigo di Fi: «Questa riforma mette a rischio principi fondamentali della nostra Costituzione. È demagogia allo stato puro, meglio non correre rischi». E anche se il suo leader continua a dire sì «per coerenza», il deputato e coordinatore provinciale della Lega Alessandro Benvenuto scuote la testa: «Come posso permettere che Di Maio, Azzolina, Toninelli e Bonafede possano toccare la Costituzione? Mi sembra che siano stati fatti fin troppi danni, il governo deve andare a casa altro che fare finte riforme». Per il «no» l’ex madamina Giovanna Giordano, «questo è un richiamo alla pancia contro la cosiddetta “casta”»; e una delle anime di Capitale Torino, Mauro Berruto: «Voterò no per tre ragioni. Quella razionale è che il vero costo della politica è l’incompetenza: voglio poter scegliere rappresentanti migliori, non meno. Quella ideologica è che voglio sputare la polpetta con tranquillanti che mi è stata lanciata dai populisti. Quella romantica è che voglio credere con tutte le forze in una risposta d’orgoglio a difesa della Costituzione». Per il no i Verdi di Tiziana Mossa: «Questa controriforma penalizzerà tutte le minoranze e ridurrà la rappresentanza dei territori», e l’ex vicesindaco grillino Guido Montanari. Come lui, anche la regionale Francesca Frediani e i suoi «discepoli» del M5S torinese, Viviana Ferrero e Maura Paoli, in dubbio: «Temo per la rappresentanza, ma non vorrei che con il no cadesse questo governo».