Corriere Torino

Preziosa e aristocrat­ica, Sua maestà la tinca gobba

Pochi esemplari e un solo allevatore per questo pesce di grande valore

- Simona De Ciero

«Come la bella addormenta­ta nel bosco, aspetta il bacio del principe azzurro, per risvegliar­si». Con queste parole Davide Palluda, chef da una stella Michelin del ristorante All’enoteca di Canale (Cuneo), spiega la storia del pesce di stagno più famoso della provincia. La tinca gobba dorata.

Un animale «aristocrat­ico, pigro e sfidante, che non cresce oltre misura, mangia senza voracità – continua lo chef – per essere valorizzat­o ha bisogno di cuochi tecnicamen­te preparati». Complesso da spinare per le sue tante lische, il vecchio pesce povero del territorio stupisce le brigate piemontesi più moderne.

«La sua carne è delicatiss­ima e – va avanti Palluda - nonostante viva sul fondo dell’acqua, non ha sentori strani, o troppo forti e difficili da utilizzare in cucina». La tinca allevata a Ceresole d’alba è anche un presidio Slow Food. Perché, anche se la zona del Pianalto, tra Poirino e Ceresole, ospita più di trecento laghetti, questo pesce ormai ne abita solo un centinaio.

Anche se «il valore commercial­e del prodotto è alto – si legge sulla scheda che il Presidio dedica alla specie – l’allevament­o della tinca è in profonda crisi». E, oggi, è rimasto un unico allevatore di tinca di Ceresole d’alba: Il signor Giacomo Mosso. «Temo di essere un caso rarissimo; l’associazio­ne Slow Food dovrà valutare di tutelare sia il prodotto sia il produttore – ironizza il signor Mosso – con i miei trenta quintali l’anno di prodotto, sento addosso tutta la responsabi­lità essere il solo a portare avanti una tradizione che rischia di essere persa. Ma che – va avanti - rappresent­a davvero un pezzo di storia de Pianalto».

Assistere e tutelare la specie, insomma, è un’urgenza. Per questo l’associazio­ne di Carlin Petrini collabora con il Dipartimen­to di Scienze Zootecnich­e dell’università di Torino.

Tra Poirino e Ceresole si allevano, in tutto, una sessantina di quintali di tinca l’anno; solo la metà, quelli delle pescherie del signor Mosso, rientrano nel disciplina­re di Slow Food. Ecco perché, anche le istituzion­i locali si sono mosse per favorire la riscoperta e la valorizzaz­ione di questo prodotto a rischio.

«Come comune, non possiamo accettare che parti della nostra storia si perdano per sempre - spiega il Sindaco di Ceresole d’alba, Franco Olocco – e poi l’allevament­o della tinca, con i suoi tanti laghetti disseminat­i sul territorio, regala alle nostre campagne un paesaggio bellissimo e molto scenografi­co».

Il Comune ha appena inaugurato alcuni sentieri turistici intorno alle zone di allevament­o. Come Itinerario Fuori Porta - Terre rosse, Boschi e

Giacomo Mosso: «Slow Food dovrà valutare di tutelare sia il prodotto sia il produttore»

Peschiere.

Un tragitto di quasi tredici chilometri nelle terre del Roero. Semplice da percorrere (poco più di cento metri di dislivello), a piedi si fa in meno di quattro ore e, in bicicletta, nella metà del tempo. L’itinerario sentierist­ico fa parte di un gruppo di tre passeggiat­e promosse grazie al sostegno del Fondo per la Politica Marittima e della Pesca dell’unione Europea. Pesce stagionale, la tinca gobba dorata è pescato da aprile a fine ottobre. Il suo prezzo, al chilo, si aggira intorno ai venti euro. E, nei ristoranti del Pianalto, le preparazio­ni a base delle sue carni sono tornate di moda. «Io la propongo in un panino al vapore e marinata con succo d’arancia, pinoli tostati e vino moscato – spiega lo chef Davide Palluda – ma è quella fritta, da mangiare con le mani, la sua preparazio­ne migliore – finisce il cuoco – un vero tuffo nel passato enogastron­omico di questa zona del Roero».

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