«C’è fame di musica dal vivo»
Il pianista Lucchesini domani al Conservatorio per una doppia esibizione
Prima di domani è la rassegna di concerti che ribadisce con forza che il pubblico cittadino ha bisogno di tornare ad ascoltare musica dal vivo, di recuperare occasioni perdute. Il recital di Andrea Lucchesini diventa così evento doppiamente atteso: domani il pianista toscano eseguirà il medesimo programma che avrebbe segnato il suo ritorno, il 18 marzo scorso, in una città che lo ama molto. Il Maestro eseguirà per due volte il programma.
Prima di domani èla rassegna di concerti che, anticipando la consueta stagione autunnale dell’unione Musicale, ribadisce con forza che il pubblico cittadino ha bisogno di tornare ad ascoltare musica dal vivo, di recuperare occasioni perdute. Il recital di Andrea Lucchesini diventa così evento doppiamente atteso: domani il pianista toscano eseguirà il medesimo programma che avrebbe segnato il suo ritorno, il 18 marzo scorso, in una città che lo ama molto. Il progetto che mette a confronto le Sonate di Schubert con i capolavori degli anni 30 di Schumann, si colora stavolta di un significato profondo. Le ultime Sonate di Schubert diventano, nelle mani del pianista, «musica che scorre mormorando di pagina in pagina, senza mai pensiero per ciò che verrà».
Maestro, eseguirà per due volte il programma che avrebbe dovuto portarla a Torino lo scorso marzo.
«Sì. Mi era stato proposto di dividere il programma in modo da eseguire una Sonata per concerto, ma ho chiesto espressamente di ripeterlo per intero. Sono pagine che potrei suonare più volte di seguito e con gioia inalterata. Ciò non toglie che la doppia esecuzione richiede uno sforzo notevole: essere concentrati mantenendo al contempo la capacità di comunicare con due pubblici diversi».
Ha ripreso a suonare dal vivo da poco. Cos’è cambiato?
«Ho suonato a Mito e in estate per qualche concerto all’aperto. Anche se talvolta ad ascoltarmi erano in pochi, si è ristabilita una comunicazione interrotta con persone che ho di nuovo sentito vibrare con me. Sono felicissimo che si sia ripreso a suonare dal vivo, l’unica dimensione possibile per la musica».
Ha dichiarato che bisognerà cercare pubblico nuovo con umiltà e fantasia. Cosa intendeva? «Il pubblico davanti al quale ho suonato mi è sembrato motivato e attento. Ha fame di ascoltare di nuovo musica dal vivo. Ho notato una cosa: è come se a fine concerto nessuno voglia davvero alzarsi, come se si volesse continuare ad ascoltare, quasi ce ne fosse un bisogno fisico. Credo rispecchi una consapevolezza: all’improvviso potremmo essere privati di cose bellissime che davamo per scontate».
Le ultime Sonate di Schubert sono il frutto doloroso e sublime degli ultimi frangenti della sua vita.
«Sia la D.959 che la D.960, ma anche la D.958, sono legate da elementi formali che ritroviamo in tutte le Sonate; eppure le accomuna una stessa radice, lo spirito di un anno, il 1828, caratterizzato da una produzione incredibile. In esse è possibile cogliere una cifra stilistica che si è fatta unica, inimitabile».
Si tratta di musica molto dilatata, per eseguire la quale il pianista deve prestare attenzione al respiro, ai silenzi.
«I silenzi, le pause, le attese sono strutturali, fanno parte della partitura: allungare una pausa, o una corona silenziosa, significa mettere in risalto cambiamenti armonici che ritornano di continuo. Anche questo continuo passare dal maggiore al minore riserva continue sorprese, rese possibili proprio dai silenzi. Il respiro è una delle chiavi di lettura dell’opera di Schubert».
L’effetto pandemia
Alla fine dei concerti sembra che nessuno voglia alzarsi: abbiamo capito le cose belle che potremmo perdere all’improvviso