«Librai pronti a ospitare gli editori»
Nicola Roggero, presidente del consorzio Colti: «Collaboriamo»
Fra le ipotesi della versione «diffusa» del Salone del Libro, sotto il titolo Vita Nova, c’è la possibilità che siano i librai torinesi, in base alle loro disponibilità, a ospitare gli editori. Per Nicola Roggero, presidente del consorzio Colti, che riunisce le librerie indipendenti di Torino, è una «buona idea».
Fra le ipotesi della versione «diffusa» del Salone del Libro, sotto il titolo Vita Nova, c’è la possibilità che siano i librai torinesi, in base alle loro disponibilità, a ospitare gli editori. Non tutti, naturalmente, perché molto dipenderà dalle intenzioni delle singole case editrici e, soprattutto, dall’evoluzione della pandemia. Per Nicola Roggero, presidente del consorzio Colti, che riunisce le librerie indipendenti di Torino, è una «buona idea». Il libraio dell’angolo Manzoni di via Cernaia si mette a disposizione del Salone, come altri suoi colleghi. Anzi, da un certo punto di vista, sarebbe anche meglio. Più conveniente rispetto all’ipotesi di gestire uno spazio come consorzio all’interno del Salone (ammesso che sia possibile) come accaduto negli ultimi anni.
Roggero, meglio restare in libreria?
«In quel periodo, per una ventina di giorni, molte librerie fanno buona parte del fatturato annuale, quindi avere qualcosa fuori diventa un terno al lotto. In passato ho preso una persona per sostituirmi in libreria, però quest’anno, con la situazione che viviamo, dobbiamo tutti occuparci di salvaguardare le nostre attività. Poi, certo, il Salone è solo quattro giorni e credo che gli editori possano coinvolgere delle librerie inerenti alla loro tematica. Questo modo di interagire mi sembra più sano, poi vedremo cosa succederà. Abbiamo avuto un incontro con il Salone, ci è stato presentato un progetto e credo che chi vorrà aderire lo farà singolarmente con la propria libreria».
E Colti?
«In questo momento non ha la forza di essere coinvolto come consorzio, perché le librerie si stanno giustamente occupando delle loro singole “botteghe”. Destinare forze ed energie ad altro, quest’anno, è particolarmente difficile se non impossibile. L’attività commerciale di ognuno in questo momento viene prima, per questo se la prospettiva è ospitare editori in casa allora è una cosa buona». Dicembre vi convince? «Più che quello penso al periodo che stiamo vivendo, che è nuovo per tutti. Non so realmente cosa farò e dovrò occuparmi di capire se le persone entreranno in libreria, del resto i tempi sono quelli. Una signora mi ha già detto che verrà ad acquistare i libri a novembre per poi spedirli a Natale, la realtà è cambiata per tutti e magari ci saranno anche quelli che non faranno regali. Sempre ammesso che la situazione legata al Covid non peggiori. Va benissimo fare il Salone del Libro perché è una cosa molto importante, per noi, per gli editori e per il pubblico, poi diamo anche il segnale che la città è viva. Facciamo le manifestazioni culturali, ma occupiamoci anche di chi lavora nella cultura 365 giorni l’anno».
L’idea della manifestazione diffusa sul territorio sembra però una tendenza utile anche a coinvolgere maggiormente le diverse realtà.
«Forse non c’erano grandi alternative ma, come diciamo da anni, coinvolgere la città è sempre positivo, però mettiamo chi opera sul mercato nelle condizioni di metterci del proprio, di lavorare. Avere nuovo pubblico? Se si trova una formula affascinante e appetibile può servire, ma bisogna considerare i problemi logistici: mi metto nei panni di una signora anziana che magari deve attraversare tutta Torino per incontrare un editore. A parte questo, spero nel mio piccolo di soddisfare le richieste. L’idea di base è buona».
Abbiamo avuto un incontro, ci è stato presentato un progetto e chi vorrà aderire lo farà L’obiettivo di coinvolgere la città è sempre positivo. L’idea di base è buona