«La stagione della rappresentanza non è finita»
Sessantanove anni, di cui 43 all’unione Industriale di Torino, approdato dopo la laurea in Legge. Giuseppe Gherzi ne ha viste tante da quando nel 1977 ha firmato il contratto d’assunzione in via Fanti. La marcia dei quarantamila, lo strapotere Fiat e il suo allontanamento dalle ali dell’aquila di via dell’astronomia. Ieri è stato il suo ultimo giorno di lavoro come direttore dell’associazione, dopo essere stato fino all’86 responsabile dell’area sindacale, e lo ha passato ancora a mettere a punto gli ultimi documenti per il presidente Giorgio Marsiaj. Finita la compilazione la cerimonia di congedo durata ben due ore. Per lui ora si prepara un posto nuovamente da direttore o forse presidente al Manufacturing and technology center di Mirafiori, assieme a una consulenza con l’unione di un altro anno.
«Quando sono approdato all’unione nel 1977, il sistema industriale del Nord Ovest era radicalmente diverso da oggi. Tanto diverso da sembrare irriconoscibile». Così comincia la lettera a cui ha affidato il compito di sancire il suo commiato. «Allora, quando incominciai questo lavoro, il Nord Ovest era il centro assoluto dell’attività economica e produttiva del Paese — scrive —. Oggi, invece delle grandi imprese di un tempo, prevalgono le aziende di dimensioni intermedie, mentre l’occupazione industriale non è più la nota dominante a livello sociale, come invece era allora-. Ciò che Torino e il Nord Ovest hanno mantenuto, a mio avviso, è l’imprinting industriale che è ancora leggibile nelle forme dell’economia, della società e del territorio». Le grandi organizzazioni produttive, secondo il direttore uscente, non esercitano più l’egemonia di un tempo. «Tuttavia, il mondo dell’industria continua a costituire una risorsa fondamentale per il nostro territorio e per l’economia italiana. Esso si conferma come la parte più attiva, quella che genera maggior valore, che mette l’italia in diretta connessione col resto del mondo. Questa è la ragione per cui continuo a essere personalmente convinto della centralità della specializzazione manifatturiera del nostro territorio e dei servizi che sono ad essa organicamente connessi».
«Non ho mai creduto all’opinione di chi, in questi ultimi anni, sosteneva le ragioni della cosiddetta “disintermediazione”. Non penso affatto che la stagione della rappresentanza degli interessi stia volgendo al termine e che le attività economiche possano fare da sé. Al contrario — sprona —, penso che un Paese come l’italia e un territorio come il nostro abbiano bisogno più che mai di soggetti forti che sappiano difendere e far valere le posizioni dell’industria e del mondo delle imprese». Una partita che si giocherà sempre più in Europa.
«Quanto a me, proseguirò il mio impegno lavorando per la realizzazione del Manufacturing Technology Competence Center . Si tratta di opportunità fondamentale per rafforzare la nostra vocazione manifatturiera, soprattutto nell’automotive e nell’aerospazio».
❞ Un Paese come l’italia e un territorio come il nostro hanno bisogno di soggetti forti che sappiano difendere le posizioni dell’industria