L’ottimismo (prudente) di Messina: «Colpi di coda di un tempo che non c’è più»
L’ex questore: «Uno zoccolo duro che vuole imporsi»
Sono «i colpi di coda di un tempo che non c’è più», dice l’ex questore di Torino Francesco Messina, parlando degli ultimi episodi che hanno scosso la città, tra proiettili spediti a un giudice, manifesti di minaccia con le foto di rappresentanti delle istituzioni e il volto di Alberto Cirio nello scatto di Aldo Moro, prigioniero delle Brigate Rosse. Gesti «gravi e pericolosi», aggiunge, «ma abbiamo gli anticorpi per poter essere ottimisti». Da responsabile della Direzione centrale anticrimine della Polizia — pur non seguendo in prima persona le indagini — ragiona da investigatore e da buon conoscitore dell’universo antagonista di Torino. Appena arrivato in città, lei disse: «Certe volte, mi sembra di vivere negli anni Ottanta». Perché?
«Mi riferivo a dinamiche quasi anacronistiche, tipo i centri sociali. Fermenti di questo tipo, in altre realtà li avevano elaborati e superati». Quei manifesti ci hanno riportato indietro?
«Ma no, Torino è cambiata e ora è una città troppo avanzata per permettersi certe cose». Quindi, di cosa si tratta?
«Di gesti assurdi che confermano l’esistenza di piccole aree che fanno fatica a cambiare la prospettiva della protesta». «Assurdi»: ma anche pericolosi?
«Certo, e da non sottovalutare. Ma sono ottimista, perché c’è una polizia giudiziaria che sa cosa fare e una Procura
che ha il know-how per affrontare questi problemi». Quando è cambiata Torino?
«La chiusura dell’asilo occupato è stata la svolta. Insieme a una presenza dello Stato che da attendista si era fatta operativa: dalla gestione della deriva anarco-insurrezionalista a quella delle manifestazioni in piazza». Però i manifesti qualcuno li ha appiccicati.
«C’è uno zoccolo duro che fatica ad adeguarsi. Qualcuno,
più adulto, che cerca di imporre una strategia, in certi ambiti: è una questione di gestione del potere». Le micce sono sempre pericolose, no?
«Sì, ma hanno avuto bisogno di un humus che non esiste più. Anche grazie a un’azione investigativa e di gestione dell’ordine pubblico che sa separare le frange più estreme da chi va in piazza solo per manifestare». Quale è il rischio?
«I colpi di coda di alcuni residui ideologici, e di un tempo che non esiste più».