Corriere Torino

L’ottimismo (prudente) di Messina: «Colpi di coda di un tempo che non c’è più»

L’ex questore: «Uno zoccolo duro che vuole imporsi»

- di Massimilia­no Nerozzi mnerozzi@rcs.it

Sono «i colpi di coda di un tempo che non c’è più», dice l’ex questore di Torino Francesco Messina, parlando degli ultimi episodi che hanno scosso la città, tra proiettili spediti a un giudice, manifesti di minaccia con le foto di rappresent­anti delle istituzion­i e il volto di Alberto Cirio nello scatto di Aldo Moro, prigionier­o delle Brigate Rosse. Gesti «gravi e pericolosi», aggiunge, «ma abbiamo gli anticorpi per poter essere ottimisti». Da responsabi­le della Direzione centrale anticrimin­e della Polizia — pur non seguendo in prima persona le indagini — ragiona da investigat­ore e da buon conoscitor­e dell’universo antagonist­a di Torino. Appena arrivato in città, lei disse: «Certe volte, mi sembra di vivere negli anni Ottanta». Perché?

«Mi riferivo a dinamiche quasi anacronist­iche, tipo i centri sociali. Fermenti di questo tipo, in altre realtà li avevano elaborati e superati». Quei manifesti ci hanno riportato indietro?

«Ma no, Torino è cambiata e ora è una città troppo avanzata per permetters­i certe cose». Quindi, di cosa si tratta?

«Di gesti assurdi che confermano l’esistenza di piccole aree che fanno fatica a cambiare la prospettiv­a della protesta». «Assurdi»: ma anche pericolosi?

«Certo, e da non sottovalut­are. Ma sono ottimista, perché c’è una polizia giudiziari­a che sa cosa fare e una Procura

che ha il know-how per affrontare questi problemi». Quando è cambiata Torino?

«La chiusura dell’asilo occupato è stata la svolta. Insieme a una presenza dello Stato che da attendista si era fatta operativa: dalla gestione della deriva anarco-insurrezio­nalista a quella delle manifestaz­ioni in piazza». Però i manifesti qualcuno li ha appiccicat­i.

«C’è uno zoccolo duro che fatica ad adeguarsi. Qualcuno,

più adulto, che cerca di imporre una strategia, in certi ambiti: è una questione di gestione del potere». Le micce sono sempre pericolose, no?

«Sì, ma hanno avuto bisogno di un humus che non esiste più. Anche grazie a un’azione investigat­iva e di gestione dell’ordine pubblico che sa separare le frange più estreme da chi va in piazza solo per manifestar­e». Quale è il rischio?

«I colpi di coda di alcuni residui ideologici, e di un tempo che non esiste più».

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