Non è vero ma forse ci crediamo
Coccodrilli nel wc e bimbi rapiti dai clown: il Centro per la raccolta di voci e leggende compie 30 anni e festeggia con una mostra
Avete mai sentito parlare di quel marito che aveva dimenticato la moglie in autostrada? O di un coccodrillo spuntato dalla tazza del water? O forse era un topo? Oppure, cosa ben più grave, di quei ragazzini spariti in un supermercato? Niente paura, se a qualche cena tra amici siete rimasti sconvolti da una rivelazione del genere, forse siete solo stati testimoni indiretti di una delle tante leggende metropolitane in circolazione, tanto affascinanti quanto dure a morire. Un fenomeno diffuso, moltiplicato dal passaparola e mass media, talvolta un po’ superficiali a rilanciare veline incontrollate, ma anche dal cinema ben disposto a ispirarsi a quell’inesauribile serbatoio di storie già scritte su espianti di organi, cibi miracolosi e autostoppisti fantasmi.
Tra realtà, immaginario e verosimiglianza c’è una mostra che si propone di esplorare questo strano mondo. Si svolgerà da oggi fino al 31 ottobre al Museo Etnografico «C’era una volta», di piazza della Gambarina ad Alessandria. A organizzarla è il CERAVOLC, Centro per la Raccolta delle Voci e delle Leggende Contemporanee, unica organizzazione italiana a occuparsi della raccolta, conservazione e studio di questi racconti.
Il centro ha sede proprio ad Alessandria ed è presieduto dal suo fondatore Paolo Toselli, autore di alcuni saggi fondamentali sull’argomento e direttore artistico della manifestazione.
«Raccogliamo voci e leggende — spiega — e grazie a una fitta rete di collaboratori abbiamo costituito uno degli archivi più completi sull’argomento. Quest’anno il CERAVOLC festeggia il suo trentennale e abbiamo pensato di mostrare al pubblico una collezione documentale unica nel suo genere».
Sull’allestimento anticipa: «Partiremo dalla cronaca per risalire indietro nei secoli. Ci saranno schede informative e articoli raccolti per data e argomento, il tutto corredato da diorami disegnati dal vignettista Moise di Asti che ricostruiscono le storie più disparate come la vicenda del sub “pescato” da un Canadair e raccolto su un albero dopo un incendio. E non mancheranno oggetti evocativi, come la maschera di un clown accusato di rapire i bambini, almeno fino al 2016».
Anche gli animali sono spesso protagonisti di queste «urban legend»: «Una cartina ricostruirà i ciclici avvistamenti di pantere in giro per l’italia e due paracaduti rievocheranno la leggenda degli elicotteri che lancerebbero casse piene di vipere per ripopolare i rapaci nei boschi; simbolo degli annosi conflitti tra ecologisti e contadini, questa voce nacque in Francia dove accusarono le case farmaceutiche di voler produrre più siero antivipera».
In definitiva, ogni leggenda poggia su una base reale per poi colorarsi di un elemento bizzarro o sovrannaturale ma senza perdere credibilità. «Hanno una morale conservatrice di fondo — aggiunge Toselli — con frequenti accenni esotici riguardo a zingari, indiani e naturalmente cinesi che ben rappresentano il “monstrum”, ovvero il diverso da noi».
Fenomeno dinamico, il web ne ha accelerato la divulgazione, ma con un evidente paradosso. «Se in passato l’oralità modificava le storie, il web le ha cristallizzate a causa dl taglia-incolla e delle traduzioni automatiche». Anche la correlazione con le ben note fake news è solo apparente. «Se le leggende metropolitane nascono in seguito a discussioni collettive — precisa infatti Toselli — i “fake” sono creati a tavolino con un fine ben preciso; in pratica si tratta della medesima differenza tra buona e cattiva fede».
Appuntamento ad Alessandria, dunque, con una data da ricordare: il 18 ottobre ci sarà una conferenza con lo scrittore Danilo Arona e Laura Bonato, antropologa dell’università di Torino. L’ingresso è libero dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19, escluso il mercoledì pomeriggio e la domenica mattina. «E questo — assicura Toselli — è tutto vero».
Partiamo dalla cronaca per risalire indietro nei secoli: ci saranno articoli, diorami, vignette e oggetti Ma attenzione, non si tratta di fake news: c’è la stessa differenza che passa tra buona e cattiva fede