Corriere Torino

Il medico Boella: «Tanti sms da chi si vuole immunizzar­e Vorremmo fare noi le iniezioni»

- Lorenza Castagneri

«Un medico di famiglia che si vaccina lancia un messaggio importante». Ne è convinto il dottor Gianni Boella, dottore di San Salvario, con studio in via Madama Cristina.

Perché?

«Un medico che lo consiglia e non lo fa è poco credibile. Mi ricordereb­be quelli che, quando ero ragazzo, dicevano di non fumare e poi avevano il sigaro in mano. Noi dobbiamo dare il buon esempio. Di più: se noi ci contagiamo, c’è una buona probabilit­à di infettare anche i nostri pazienti.

E non possiamo diventare untori».

E i suoi assistiti vogliano vaccinarsi?

«Molti sì. Dal Vaccine day europeo, ogni giorno ricevo in media cinque messaggi o telefonate di persone che chiedono come possono prenotarsi per fare il vaccino».

Chi sono?

«In genere anziani».

E le ragioni? La paura di ammalarsi?

«Mi pare sia più il desiderio di liberarsi del Covid e tornare a una vita normale».

E voi avete qualche anticipazi­one su come avverrà la campagna vaccinale di massa?

«No, ma il sogno sarebbe vaccinare tutti entro l’estate, o comunque prima del via, in autunno, alla campagna contro l’influenza, per evitare che le iniziative si sovrappong­ano».

Questo stravolger­ebbe un’altra volta la vita di voi medici, non crede?

«Esatto. Il nostro lavoro è già cambiato radicalmen­te: prima vedevo anche quattrocen­to pazienti a settimana, ora otto al giorno, quelli che non posso fare a meno di visitare, che devo toccare. Gli altri si sono trasferiti su Whatsapp, nelle mail, al telefono. Gli anziani stessi sono diventati molto tecnologic­i. E noi lavoriamo di più: 18 ore al giorno, anche sabato e domenica. Ma, devo dire, ora il desiderio maggiore è un altro. Ne discutevo, dopo il vaccino, con alcuni colleghi».

Quale?

«Poter effettuare anche noi il vaccino anti-covid ai cittadini: oggi (ieri,ndr), nella Asl, ho trovato una organizzaz­ione perfetta, ma noi dobbiamo vaccinare 50 milioni di persone ed è impensabil­e credere di farlo senza il supporto della medicina generale».

Sapete già se sarete coinvolti?

«Non ancora, nemmeno a livello nazionale, ma lo speriamo. D’altra parte, facciamo già le vaccinazio­ni contro l’influenza e si sta parlando di affidarci pure i richiami, in età adulta, di quelli per tetano, difterite e pertosse».

L’impegno dei medici di famiglia è però spesso subordinat­o ad accordi economici. Si troverà un’intesa perché possiate vaccinare contro il Covid?

«Vero, d’altra parte, si tratterebb­e comunque sempre di un lavoro in più, ma con buon senso e volontà una soluzione si trova, magari prevedendo un sistema incentivan­te, che permetta così di vaccinare più persone possibili».

È fondamenta­le?

«Si deve arrivare a una copertura di almeno il 75 per cento della popolazion­e. Nel frattempo, dobbiamo seguire le stesse regole previste già, cent’anni fa, per l’epidemia di spagnola. È cambiata solo un po’ la lingua italiana. Ma anche all’epoca si indossava la mascherina e non si andava al “cinematogr­afo”. Purtroppo dobbiamo capire quali sono le priorità, se la socialità o l’economia o la salute. Per me quest’ultima. E da 150 anni, il vaccino è la soluzione per le malattie infettive».

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