La sfida di Nino ricostruire le baite Vernè come in passato
Battipista, maestro, guida alpina: Perino: «Rispettiamo la montagna»
«La montagna è severa. Lo è in inverno, ma anche in estate e quando meno te lo aspetti. È molto più facile che accadano incidenti su vie sci-alpinistiche facili o trekking, sulla carta, alla portata di tutti che su pendii scoscesi e percorsi ostici. Per questo deve sempre essere rispettata». La lezione di Nino Perino è severa, decisa. Come l’uomo, nato ad Acceglio nel cuore della Val Maira, nel 1944, e diventato cittadino del mondo interpretando in diversi periodi passioni e professioni diverse, ma sempre legate alla montagna.
Il suo amore per nevi e sentieri però non fu immediato. «Quando ero bambino significava duro impegno, lavoro, freddo e fatica. Solo più tardi riuscii a vedere le cose in modo differente — racconta — non ero nemmeno dei più sfortunati, perché abitavo nel borgo e in pochi minuti potevo raggiungere la scuola. Altri miei coetanei, vivendo nelle frazioni impiegavano molto di più, e per due volte al giorno. Però all’epoca eravamo in tanti e non mancavano i momenti di gioco. Iniziai a usare gli sci che avevo solo 4 anni».
A 8 un incidente: «Venni investito e mi ruppi il perone e i legamenti di un ginocchio. Rimasi fermo per quasi tre mesi, ancora oggi ho una gamba più lunga di tre centimetri». Acceglio stava stretta a quel ragazzo, che a 14 anni decise di andar via sfidando anche l’ira materna, che in occitano lo avvisò: «Se ti fai male e torni ti ammazzo...».
A Sestriere iniziò come battipista. «E allora non c’erano i gatti delle nevi: le piste si battevano con gli sci ed era un lavoro durissimo. Uno batteva e l’altro lisciava, per sei-sette ore al giorno con attrezzi lunghi 2 metri e 10. Eravamo contenti solo quando nevicava perché potevamo esercitarci un po’ nello sci vero. Entrai nelle simpatie di Giuseppe Lamberti, l’allora direttore degli impianti, che mi tenne nonostante l’infortunio. Un uomo di rigore e valori a cui devo molto». Più tardi Perino entrò nel soccorso alpino: «Eravamo di solito in sei e ci si dava il cambio quindi potevamo affinare la nostra tecnica sciistica usufruendo anche di un’ora di lezione prima delle nove del mattino. Così diventai allievo maestro facendo l’esame a Cervinia. Avevo solo 18 anni, rimasi per tre a Sestriere e diventai maestro a La Thuile, tre anni dopo».
Non si fermava mai, da una montagna all’altra. «A Lurisia, poi ad Amiata in Toscana dove fondai la prima scuola con alcuni colleghi, ancora a Lurisia, quindi a Quota 1400 con la direzione della Scuola Sci quando ancora le realtà che oggi fanno capo al comprensorio di Limone erano divise». A poco più di vent’anni si fa largo la versione Perino guida alpina: «Conobbi personaggi importanti del settore che mi fecero appassionare. Uno zaino, una corda, un martello e i week-end erano dedicati alle nuove sfide. Feci parte di una missione nella Terra del Fuoco con amici di Bardonecchia. Un’esperienza indimenticabile per chi non era quasi mai uscito dalla Val Maira. Nel 1974 andai anche in Groenlandia con il CAI di Cuneo in occasione dei 100 anni». Perino si sentiva anche un alpinista e così, con altri amici, si mise al lavoro per la realizzazione del campo base di Chiappera, da una vecchia caserma diroccata, per offrire un punto di riferimento agli escursionisti. Tra le sue perle anche il contributo al lavoro di ripristino della Ferrata storica sul Monte Oronaye, con l’inserimento, ogni metro, di bocce di legno per ancorarsi a un cavo d’acciaio. Mai fermo, neppure ora, all’alba dei 77 anni. L’ultimo progetto chiude il cerchio, lo riporta alle origini con la ricostruzione delle sue baite Vernè: «Ricordo quando mio nonno mi metteva in una gerla mentre ventilava il grano. Sono adiacenti e abbastanza grandi. I lavori vanno a rilento, i costi sono elevati, ma lo faccio per una questione affettiva. Passavo molto tempo con la mia famiglia dalla primavera all’autunno, così e rivivo quei momenti. Ora ho più tempo». E sarà un’altra grande opera.