Ma superiori e montagne ora temono di non riaprire
La data del 18 gennaio era stata stabilita per il rientro al 50% e la riapertura degli impianti, ma ora tutto torna in discussione
Un’altra beffa: è quella che rischiano gli studenti delle scuole superiori. E il turismo di montagna. Entrambi vincolati al 18 per ripartire.
Un’altra beffa. È quella che rischiano gli studenti delle scuole superiori se, come sembra, nei prossimi giorni la situazione epidemiologica in Piemonte dovesse peggiorare, tanto che la Regione potrebbe tornare in zona arancione già da lunedì 18 gennaio. Proprio lo stesso giorno in cui i ragazzi avrebbero dovuto rientrare in classe dopo due mesi e mezzo di contestatissima didattica a distanza. Che, a questo punto, non si esclude possa continuare.
Diciamolo subito: secondo quanto previsto dal premier Giuseppe Conte, per ora, a scuola si va. Ma indicazioni più precise per studenti, docenti e genitori arriveranno soltanto la prossima settimana. Spiega la Regione: «Lunedì 10 gennaio, alle 10,30, è in programma una nuova videoriunione della Conferenza Stato-regioni in cui presumiamo si parli anche di scuola».
Al centro dell’incontro, la discussione sul Dpcm in vigore dal 16 gennaio, visto che quello attuale scade il 15, e che indicherà che cosa si potrà fare o no in Italia nelle prossime settimane.
Ma medici e tecnici piemontesi già temono il ritorno in classe e, soprattutto, gli assembramenti che si possono creare alle fermate e sui mezzi pubblici, sebbene la Regione abbia aumentato le corse con un piano che ne prevede 4.300 in più. E quindi, già oggi l’idea è che se l’andamento epidemiologico sarà negativo, molto probabilmente si manterrà la didattica a distanza per le superiori in Piemonte, anche se non si sa se al 100 per cento o in percentuali minori.
Un’incertezza totale che accomuna le famiglie ai gestori delle funivie piemontesi e agli altri imprenditori della montagna. Il ministro Roberto Speranza aveva ipotizzato la riapertura degli impianti di risalita il 18 gennaio. Data che potrebbe slittare ancora se il Piemonte passasse dal giallo all’arancione in quella settimana. «Ora bisogna decidere — attacca Gian Luca Oliva, ad di Prato Nevoso Ski —. Noi siamo pronti. Abbiamo messo gli impianti in sicurezza».
A fargli eco tutti gli altri gestori degli impianti sciistici piemontesi in lockdown ormai da mesi. Dal Sestriere alla Valsesia, dalle piste del Mondolè fino a quelle di Prato Nevoso, il settore ormai è quasi al collasso.
«Zona arancione vorrebbe dire non poter avere i turisti che arrivano dalle altre regioni — chiosa l’ad di Artesina, Paolo Palmieri —. La nostra clientela è per il 60 per cento ligure. Se non può spostarsi è un problema. Ma al momento non abbiamo indicazioni. Tenendo aperto fino agli inizi di aprile, noi speriamo comunque di poter guadagnare almeno la metà degli incassi di un anno normale».
L’incertezza regna sovrana anche sui ristori. «È arrivato il momento di scelte concrete e nette — spiega Giorgio Merlo, sindaco di Pragelato —. Pretendiamo risposte chiare. Tutto dovrà avvenire tenendo conto sia della curva epidemiologica che continua a flagellare la comunità, sia del possibile crack finanziario ed economico di un intero settore e di una corposa filiera. Non si può più procedere nell’incertezza e brancolare nel buio».
Giorgio Merlo, sindaco di Pragelato: «Stretti tra il Covid e la crisi economica»