Corriere Torino

«Una copia dei “Sommersi” a tutti i diciottenn­i»

- P. Mor.

«Primo Levi è una lettura imprescind­ibile». Ernesto Ferrero, presidente onorario del Centro studi Primo Levi, non ha dubbi sull’importanza, ancora maggiore in questo periodo, di ricordare e studiare lo scrittore e la sua opera.

Ferrero, perché è così importante?

«Siamo in un momento in cui il mondo sembra facile preda di una banda di imbonitori e delle loro rappresent­azioni avulse dal principio di realtà. Levi non si atteggiava da maestro, ma a ricercator­e. Per tutta la vita non ha mai smesso di farsi domande e rispondere usando gli strumenti razionali della scienza. Questa è una lezione fondamenta­le: lavorare sull’uomo com’è, senza condanne moralistic­he e senza tentare la via di fuga del perdono, senza mitizzare né fare retorica della memoria. Anzi, il rischio della Giornata della Memoria è semplifica­re le cose, facendole diventare, con le migliori intenzioni, un po’ retoriche. Dovremmo parlare della “Giornata della Storia”».

Perché?

«Come ha spiegato lo stesso Levi, la memoria è uno strumento fallace che si comporta come un pittore: dipinge e ridipinge quello che vuole. I ricordi si modificano sotto l’influenza di traumi, altri ricordi, rimozioni, emozioni. Me ne rendo conto quando mi chiedono di tornare su certi episodi dell’einaudi, mi accorgo che ho riscritto cento volte lo stesso avveniment­o in maniera diversa. Levi era tormentato da questa fallacia della memoria, i cui dati devono essere continuame­nte sottoposti a una verifica stringente con l’aiuto di tutti i possibili documenti. Bisogna sempre fare i conti con i propri dubbi, approfondi­re e scavare. Oggi in pochi hanno voglia di fare questa fatica, viviamo su un’onda emotiva».

Levi che persona era?

«Era un uomo di straordina­ria intelligen­za e cultura, sapeva tutto ma non lo esibiva, anzi lo nascondeva, era gentile e con una grande capacità di ascolto. Non capisco come ci siano voluti anni per scoprire quanto fosse straordina­ria la sua scrittura, forse è stata anche un po’ colpa sua: era troppo modesto e umile. Fino alla fine è stata una delle persone che ho più ammirato».

Che invito ci può dare oggi la sua opera?

«Dobbiamo lavorare per fare storia sempre meglio, senza accontenta­rci di emozioni sentimenta­li e affettive. Penso che, ad esempio, I sommersi e i salvati debba essere consegnato agli italiani che entrano nella maggiore età, insieme a una copia della Costituzio­ne, perché lì c’è la radiografi­a dell’uomo e di tutto ciò che lo rende così fragile e debole».

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Ernesto Ferrero con Primo Levi al Campiello
Nel ‘63 Ernesto Ferrero con Primo Levi al Campiello

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