Dal Piemonte non si esce fino alla fine di marzo Ristori, Cirio in pressing
Le richieste: a ristoranti e bar comunicazioni sulle chiusure qualche giorno prima della decisione per evitare choc e sprechi
La nuova grande paura si chiama «variante del virus». Quella inglese si sta diffondendo in Piemonte, le altre sono quella sudafricana e brasiliana che qui, almeno per il momento, non sembrano avere riscontro nelle analisi di laboratorio. È per questo che il governo (e le stesse Regioni) hanno tirato il freno a mano sugli spostamenti tra i territori. Restano vietati fino alla fine di marzo (il 25) anche tra regioni in «zona gialla». All’orizzonte c’è il periodo delle vacanze di Pasqua (4 aprile) ma per il momento la scadenza sembra ancora troppo lontana per pensarci. Almeno da subito. Le Regioni si sono confrontate a lungo ieri con i ministri Gelmini e Speranza. Dopo il mancato accordo sulla «zona arancione nazionale» che avrebbe garantito omogeneità di misure valide su tutto il territorio nazionale, i governatori hanno stilato un documento consegnato alla ministra per le Autonomie che la stessa Gelmini si è impegnata a portare oggi in Consiglio dei ministri. Le richieste riguardano molti punti. Il Piemonte con il governatore Alberto Cirio insiste molto sul tema dei ristori. Soprattutto per quelli che riguardano il comparto della montagna, rimasto all’asciutto — stagione praticamente finita — dopo l’annuncio di ben cinque date di possibile riapertura. La Regione Piemonte ha fatto la sua parte garantendo alla gente che con la montagna ci vive (maestri di sci, baristi, ristoratori, stazioni di noleggio delle attrezzature) e alle società più grandi che gestiscono gli impianti, poco più di 20 milioni di euro. Bastano? No. Le cifre che gli operatori della montagna stanno snocciolando attraverso i flash mob di protesta (oggi raduno a Cuneo, ne riferiamo in pagina) raccontano di decine e decine di milioni andati perduti. Per questo il Piemonte, insieme alla altre regioni del Nord per le quali la neve significa business, insiste con Roma.
Sul versante delle attività commerciali anche non in quota, è la possibilità di concedere ai ristoranti la possibilità di apertura anche per servire la cena a rappresentare un altro fronte sul quale anche il Piemonte (compatibilmente con lo sviluppo della pandemia e se i numeri non torneranno preoccupanti) spinge. Sempre sul versante di bar e ristoranti la soluzione trovata durante il confronto tra i ministri del governo Draghi
e i governatori dovrebbe assicurare agli esercenti una comunicazione qualche giorno prima dei provvedimenti che saranno poi adottati.
Questo margine di tempo consentirebbe di evitare lo choc per aperture e chiusure comunicate poche ore prima che sempre più spesso negli ultimi tempi, per chi ha un bar o un ristorante si sono tradotte in una affannosa corsa a fare rifornimenti salvo poi essere costretti a regalare tutto (o, peggio, a buttare derrate alimentari). Sul punto anche dal Piemonte si era levato il grido di allarme e protesta delle varie associazioni: l’ascom guidata da Maria Luisa Coppa e la Confesercenti con a capo Giancarlo Banchieri. Il primo tempo del primo vertice con il nuovo governo si è chiuso con qualche significativa novità che riguarda anche il Piemonte. Ma per il resto si naviga nell’incertezza. Come saranno i prossimi giorni dal punto di vista del contagio? Quanto vaccino avremo? Le domande sono ancora tante.