Corriere Torino

Lo sci oggi protesta a Cuneo «Cinque false partenze ora presentiam­o il conto»

- Floriana Rullo

Il mondo della neve è pronto a scatenare «una valanga di proteste». Questa mattina, come già fatto nei giorni scorsi, gli operatori della montagna scendono ancora una volta in piazza con l’obiettivo di presentare il conto delle cinque false partenze che hanno messo in ginocchio l’intero settore.

Sci sotto il braccio e tuta indossata: l’appuntamen­to è per le 10 a Cuneo, tra piazza Galimberti e via Roma. Istruttori, maestri, gestori delle piste ma anche gente comune si troveranno per un flash mob dal «Popolo della Montagna» sotto la sede di Cuneo Neve. «Noi non vogliamo ristori, che comunque sono una chimera. Noi vogliamo lavorare. Il lavoro è un diritto costituzio­nale e a togliercel­o, in questo momento è proprio lo Stato. Così non possiamo più andare avanti, siamo destinati a fallire tutti» dicono gli organizzat­ori che vogliono dare voce a tutta la filiera economica che non ne può più delle decisione governativ­e.

«Quello che fa più male — dicono gestori e commercian­ti — è la mancanza di rispetto verso il lavoro in montagna che non è solo passare il gatto

delle nevi la mattina». La possibilit­à di riaprire le piste da sci il 5 marzo non viene nemmeno presa in consideraz­ione: «Ormai per noi la stagione è finita».

Per questo hanno indirizzat­o una lettera al presidente del Consiglio Mario Draghi al quale chiedono «indennizzi al 100% e l’uso della stessa attenzione dimostrata dalla Regione Piemonte, che prevede un sostegno economico al sistema neve di 20 milioni di euro».

Oltre alle 14 stazioni sciistiche della provincia interverra­nno anche il presidente del Piemonte Alberto Cirio, il presidente della Provincia Federico Borgna e il presidente della Camera di Commercio Mauro Gola. «Ci saremo tutti. Pronti a dare voce alla montagna, che troppe volte è rimasta in silenzio» dicono.

Già ieri a Sauze D’oulx, nel comprensor­io della Vialattea era stato organizzat­o un flash mob «Il Mondo della Neve». «Ormai siamo alla frutta. Con la chiusura degli impianti, muoiono intere vallate montane — spiega sconsolato Alessandro Perron Cabus, amministra­tore delegato della Vialattea, 243 piste per un totale di 400 chilometri —. Non sappiamo più cosa dire. Per cinque volte ci hanno illusi, adesso non ci crediamo più. Per noi è una stagione persa al 100%. Dal 12 marzo dello scorso anno non abbiamo ancora visto un ristoro, c’è una confusione immensa. La gente di montagna, solitament­e mite e silenziosa, questa volta ha il dovere di far sentire la sua voce a Roma: la montagna non è un giocattolo, è industria del turismo, famiglie e lavoro, e merita rispetto». Le cinque date, rivelatesi cinque delusioni, fanno male in alta quota. Per questo las montagna non smette di far sentire la sua voce sempre più alta e disperata per i danni subiti. Sperando che l’eco arrivi fino a Roma.

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