«Stile, arte e design Perché la bellezza salverà l’industria»
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VALORI E IDEE IL PATRIMONIO DA EREDITARE
Si eredita un patrimonio, si eredita un’azienda ma si ereditano anche valori, così come si ereditano i geni e, non da ultimo, si ereditano i contenuti di un periodo storico, di un movimento di cultura, di una corrente di pensiero. Quanta «eredità», in quest’ampia accezione, permea Torino, e non soltanto Torino, ma tutto il Piemonte. Come non ricordare il lascito straordinario dei cosiddetti «Santi Sociali», il gruppo di religiosi e laici torinesi vissuti tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, che si dedicarono ad attività di beneficenza: San Giovanni Bosco, San Giuseppe Cottolengo ed i Beati Giuseppe Allamano e Pier Giorgio Frassati, per citare soltanto i più conosciuti. Ma, allo stesso modo, l’eredità dell’auto, quella della moda, del cinema e della televisione sono profondamente radicate in questo territorio, quasi a caratterizzare l’identità di Torino e del Piemonte. Un patrimonio immenso di cultura, di innovazione e di tradizione, un patrimonio di conoscenza che non è stato disperso dal tempo, ma che nel tempo si è modificato e rinnovato percorrendo nuove strade, raggiungendo nuovi traguardi mantenendo tuttavia solide le proprie radici. Ed in questo senso come non porsi il problema del passaggio generazionale delle aziende. In un Paese in cui il tessuto produttivo è, per la maggior parte, in capo alla piccola e media impresa detenuta da un singolo gruppo famigliare, molte di esse non superano la prima generazione. Le difficoltà generate dalle diversità di vedute degli eredi portano frequentemente alla decisione di alienare ovvero di liquidare, così disperdendo il patrimonio di sapere e di esperienza faticosamente accumulato. Nè, in tal senso, il problema è stato superato con l’introduzione del cosiddetto «patto di famiglia», istituto nato proprio con lo scopo di favorire il passaggio generazionale. In ogni caso, nell’immaginario collettivo l’eredità è associata alla morte, al testamento, all’insieme di beni che si trasmettono per successione. L’italia è un paese nel quale il testamento è ancora poco diffuso, forse anche per ragioni scaramantiche.
Soltanto il 17% dei nostri concittadini dispone del proprio patrimonio attraverso uno scritto che permetta di raggiungere i propri intenti, al di là delle rigorose disposizioni che regolano la successione legittima. Indubbio è peraltro il fascino che promana dal testamento, «l’ultimo messaggio», lo scritto con il quale si lasciano ai posteri non soltanto le proprie ultime volontà, ma anche le proprie ultime considerazioni: un documento potente perché non lascia facoltà di replica, chi lo scrive sa perfettamente che chi lo leggerà potrà soltanto subirlo e gioirne o rammaricarsene, in silenzio. Per restare ai grandi torinesi come non ricordare il testamento del Conte di Cavour che alla sua città lasciava la somma di lire cinquantamila «acciò colla medesima si eriga una nuova sala d’asilo infantile ne’ quartiere di Portanuova», o quello del generale La Marmora secondo il quale «le cinquanta mille lire di rendita del consolidato vadano a sollevo dei poveri del comune di Torino». E al concetto di eredità si ispira, necessariamente, la recente normativa sul «Dopo di noi», l’insieme delle agevolazioni fiscali introdotte a supporto di tutte quelle iniziative orientate alla tutela delle persone con disabilità gravi. Allo stesso tempo sempre più spesso v’è chi dispone un «testamento solidale»: non una nuova forma di testamento posta al di fuori del perimetro conosciuto, ma semplicemente un modo originale per individuare quei lasciti devoluti in favore di organizzazioni, comunque denominate, che perseguano scopi umanitari e solidaristici. Nuova linfa per un istituto antico.