Attici e loft negli ex uffici Torino torna al Centro
Nel cuore della città sta spuntando un nuovo quartiere residenziale. Dove prima c’erano gli uffici, le sedi direzionali di banche d’affari e assicurazioni, oggi ci sono cantieri per attici e appartamenti signorili. Dove un tempo si correva trafelati da un appuntamento all’altro e ci si fermava solo per guardare le vetrine delle boutique, adesso aprono anche minimarket e catene della Gdo. Il centro città, ex business district, torna alle origini di «contrada nuova», divisa da isole e popolata da famiglie. La rivoluzione copernicana della geografia torinese si muove come un fiume carsico da circa un decennio.
Prima società a scommettere sul Centro che «va di lusso» è stata Building che fa capo alla famiglia Boffa che ha rivitalizzato palazzi storici in immobili da abitare. Adesso la corsa è guidata dai grandi fondi internazionali come Patrizia, Invesco, Zetland, Cerberus, sulla spinta di imprese locali. Lo spartito è sempre lo stesso. Chiude la sede direzionale (si sposta in altre zone, come ha fatto Bim, o va a Milano, come per Allianz), arrivano i ponteggi per abitazioni di pregio. In ballo ci sono più di 600-800 nuovi appartamenti. Il prezzo medio è intorno a 4.500 a 5.500 euro a metro quadro. Talvolta anche di più. L’arrivo nuove famiglie che abitano il Centro produce il moltiplicarsi di servizi diversi dalla pausa caffè e dal pranzo di lavoro. Una mutazione genetica che riguarda in primis il commercio. E significa anche – e tutti gli operatori sono concordi – che la pubblica amministrazione dovrà fare uno sforzo in più per rendere il quartiere più bello e più vivibile.
Le operazioni
Che l’aria si cambiata lo si evince da alcune operazioni in corso. Se i fondi internazionali fanno a gara per comprare (oltre 60 milioni di euro) il palazzo di Generali tra via Roma e via Gramsci vuol dire che Torino, pur con le sue difficoltà, torna a essere attrattiva perché garantisce rendimenti adeguati alle aspettative del mercato real estate. In pole position c’è il fondo londinese Zetland, accompagnato da investitori del territorio. Accanto al palazzo di Generali, in piazza Cln, un altro building è passato di mano, al fondo tedesco Patrizia. Giusto di fronte, nell’ex sede della Banca Intermobiliare, a Palazzo Aloisio, Recchi Engineering progetta terrazze e attici su via Roma; altri ex uffici che diventano dimore di pregio. Nell’ex sede Allianz, il palazzo Corte Alfieri è stato rinnovato dagli investitori inglesi Savills. In piazza Castello, Reale Mutua ha rinnovato la Torre Littoria, super appartamenti per vip, tutti in locazione. Un pezzo di Banca d’italia, in via Arsenale diventa residenziale, per un progetto di Holding 18. In via Lagrange il gruppo Primula è già al secondo intervento immobiliare. Dopo Ellen, e Casa Velò la società della famiglia Minniti ha acquisito con un club deal, insieme a Immogroup, anche il palazzo di via Lagrange 35. «In questi anni abbiamo investito moltissimo nel centro città — spiega Marta Minniti di Primula — siamo convinti che la grande trasformazione di Torino parta da qui. In tutto abbiamo realizzato più di 200 appartamenti. E stiamo valutando un’altra operazione».
Fiducia al metro quadro
L’animo di Torino si divide in due partiti: gli scettici di professione e la nutrita schiera del basso profilo, fieri del understatement sabaudo. Tanti dicevano, e molti continuano a dirlo, che ci sono «troppi nuovi appartamenti», e che rimarranno «inesorabilmente» invenduti. In realtà le cose, almeno fino a oggi, non sono andate così. Per verificare basta chiedere a Luca Boffa, a capo del gruppo Building, la società che ha rivitalizzato antichi palazzi: The Number 6, Lagrange 12, Quadrato. «Il nostro ultimo intervento è Domus Lascaris (nella foto di copertina, ndr). Abbiamo venduto più dell’80% degli appartamenti. A me non piace la definizione lusso. Noi cerchiamo di fare immobili di pregio per famiglie. La più bella soddisfazione è vedere il
centro che torna a popolarsi». Se il centro di Torino diventa la nuova Crocetta, quartiere residenziale della borghesia, viene da chiedersi cosa succederà alle altre zone nobili. «Non prevedo sconquassi. Tant’è vero che abbiamo investito in pre-collina con l’operazione Uptown».
Cultura, arte e turismo
Oggi il centro città è ancora in mezzo al guado della trasformazione. Non mancano le zone di degrado, e i lockdown stanno mettendo a rischio tante attività commerciali. Ma nei ponteggi ci sono le traiettorie di un futuro ambizioso. In questi giorni si sono riaperte le trattative per acquistare e riqualificare il Grattacielo Rai, l’immobile alto 72 metri che diventerà un hotel a 5 stelle. Giusto di fronte sta prendendo forma un altro grande investimento: l’ex Porta Susa che si trasforma in hotel Marriott. L’altra struttura ricettiva che spunterà a Torino è un Radisson nell’ex Procura, in via Milano. E in piazza San Carlo prenderanno casa le Gallerie d’italia di Intesa Sanpaolo. «Tutti questi interventi cambiano il volto della città — spiega Filippo Fantini, presidente di Cogefa Costruzioni —. se sapremo ben gestire il cambiamento Torino in un paio di anni sarà un territorio competitivo. Senza dimenticare la componente universitaria che è uno dei motori della nostra città». E infatti in pieno centro, in piazza Cavour, prenderà casa la sede della business school Escp, con un potenziale di quasi mille studenti l’anno.
Milano express
Il treno da prendere è il modello Milano. Ne è convinto Marco Crespi presidente di Aspesi Torino, l’associazione degli sviluppatori immobiliare. «A Torino chi compra è perché cambia casa. È un mercato sostanzialmente di scambio. Dobbiamo invertire questo trend come ha fatto Milano, dove infatti piovono gli investimenti. Ci sono le condizioni per tornare a crescere puntando su rigenerazione e attrazione di attività».