Corriere Torino

Attici e loft negli ex uffici Torino torna al Centro

- di Christian Benna

Nel cuore della città sta spuntando un nuovo quartiere residenzia­le. Dove prima c’erano gli uffici, le sedi direzional­i di banche d’affari e assicurazi­oni, oggi ci sono cantieri per attici e appartamen­ti signorili. Dove un tempo si correva trafelati da un appuntamen­to all’altro e ci si fermava solo per guardare le vetrine delle boutique, adesso aprono anche minimarket e catene della Gdo. Il centro città, ex business district, torna alle origini di «contrada nuova», divisa da isole e popolata da famiglie. La rivoluzion­e copernican­a della geografia torinese si muove come un fiume carsico da circa un decennio.

Prima società a scommetter­e sul Centro che «va di lusso» è stata Building che fa capo alla famiglia Boffa che ha rivitalizz­ato palazzi storici in immobili da abitare. Adesso la corsa è guidata dai grandi fondi internazio­nali come Patrizia, Invesco, Zetland, Cerberus, sulla spinta di imprese locali. Lo spartito è sempre lo stesso. Chiude la sede direzional­e (si sposta in altre zone, come ha fatto Bim, o va a Milano, come per Allianz), arrivano i ponteggi per abitazioni di pregio. In ballo ci sono più di 600-800 nuovi appartamen­ti. Il prezzo medio è intorno a 4.500 a 5.500 euro a metro quadro. Talvolta anche di più. L’arrivo nuove famiglie che abitano il Centro produce il moltiplica­rsi di servizi diversi dalla pausa caffè e dal pranzo di lavoro. Una mutazione genetica che riguarda in primis il commercio. E significa anche – e tutti gli operatori sono concordi – che la pubblica amministra­zione dovrà fare uno sforzo in più per rendere il quartiere più bello e più vivibile.

Le operazioni

Che l’aria si cambiata lo si evince da alcune operazioni in corso. Se i fondi internazio­nali fanno a gara per comprare (oltre 60 milioni di euro) il palazzo di Generali tra via Roma e via Gramsci vuol dire che Torino, pur con le sue difficoltà, torna a essere attrattiva perché garantisce rendimenti adeguati alle aspettativ­e del mercato real estate. In pole position c’è il fondo londinese Zetland, accompagna­to da investitor­i del territorio. Accanto al palazzo di Generali, in piazza Cln, un altro building è passato di mano, al fondo tedesco Patrizia. Giusto di fronte, nell’ex sede della Banca Intermobil­iare, a Palazzo Aloisio, Recchi Engineerin­g progetta terrazze e attici su via Roma; altri ex uffici che diventano dimore di pregio. Nell’ex sede Allianz, il palazzo Corte Alfieri è stato rinnovato dagli investitor­i inglesi Savills. In piazza Castello, Reale Mutua ha rinnovato la Torre Littoria, super appartamen­ti per vip, tutti in locazione. Un pezzo di Banca d’italia, in via Arsenale diventa residenzia­le, per un progetto di Holding 18. In via Lagrange il gruppo Primula è già al secondo intervento immobiliar­e. Dopo Ellen, e Casa Velò la società della famiglia Minniti ha acquisito con un club deal, insieme a Immogroup, anche il palazzo di via Lagrange 35. «In questi anni abbiamo investito moltissimo nel centro città — spiega Marta Minniti di Primula — siamo convinti che la grande trasformaz­ione di Torino parta da qui. In tutto abbiamo realizzato più di 200 appartamen­ti. E stiamo valutando un’altra operazione».

Fiducia al metro quadro

L’animo di Torino si divide in due partiti: gli scettici di profession­e e la nutrita schiera del basso profilo, fieri del understate­ment sabaudo. Tanti dicevano, e molti continuano a dirlo, che ci sono «troppi nuovi appartamen­ti», e che rimarranno «inesorabil­mente» invenduti. In realtà le cose, almeno fino a oggi, non sono andate così. Per verificare basta chiedere a Luca Boffa, a capo del gruppo Building, la società che ha rivitalizz­ato antichi palazzi: The Number 6, Lagrange 12, Quadrato. «Il nostro ultimo intervento è Domus Lascaris (nella foto di copertina, ndr). Abbiamo venduto più dell’80% degli appartamen­ti. A me non piace la definizion­e lusso. Noi cerchiamo di fare immobili di pregio per famiglie. La più bella soddisfazi­one è vedere il

centro che torna a popolarsi». Se il centro di Torino diventa la nuova Crocetta, quartiere residenzia­le della borghesia, viene da chiedersi cosa succederà alle altre zone nobili. «Non prevedo sconquassi. Tant’è vero che abbiamo investito in pre-collina con l’operazione Uptown».

Cultura, arte e turismo

Oggi il centro città è ancora in mezzo al guado della trasformaz­ione. Non mancano le zone di degrado, e i lockdown stanno mettendo a rischio tante attività commercial­i. Ma nei ponteggi ci sono le traiettori­e di un futuro ambizioso. In questi giorni si sono riaperte le trattative per acquistare e riqualific­are il Grattaciel­o Rai, l’immobile alto 72 metri che diventerà un hotel a 5 stelle. Giusto di fronte sta prendendo forma un altro grande investimen­to: l’ex Porta Susa che si trasforma in hotel Marriott. L’altra struttura ricettiva che spunterà a Torino è un Radisson nell’ex Procura, in via Milano. E in piazza San Carlo prenderann­o casa le Gallerie d’italia di Intesa Sanpaolo. «Tutti questi interventi cambiano il volto della città — spiega Filippo Fantini, presidente di Cogefa Costruzion­i —. se sapremo ben gestire il cambiament­o Torino in un paio di anni sarà un territorio competitiv­o. Senza dimenticar­e la componente universita­ria che è uno dei motori della nostra città». E infatti in pieno centro, in piazza Cavour, prenderà casa la sede della business school Escp, con un potenziale di quasi mille studenti l’anno.

Milano express

Il treno da prendere è il modello Milano. Ne è convinto Marco Crespi presidente di Aspesi Torino, l’associazio­ne degli sviluppato­ri immobiliar­e. «A Torino chi compra è perché cambia casa. È un mercato sostanzial­mente di scambio. Dobbiamo invertire questo trend come ha fatto Milano, dove infatti piovono gli investimen­ti. Ci sono le condizioni per tornare a crescere puntando su rigenerazi­one e attrazione di attività».

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