«Impariamo a guardare il mondo con gli occhi dei ragazzi»
Luca Beatrice, Torino, il Novecento e il suo libro «Da che arte stai?»
C’è il meglio del Novecento, tutto il contemporaneo che vale la pena di non dimenticare. Picasso e Duchamp, Carol Rama e Ugo Nespolo, Giacometti e Pollock. Ci sono Londra e New York, ma anche Torino, passando per Instagram e Tik Tok, «social network su cui Andy Warhol si sarebbe divertito moltissimo».
Il nuovo libro di Luca Beatrice Da che arte stai? (Rizzoli), sarà presentato in anteprima oggi alle 18 sul sito www.circololettori.it, e sui canali social del Circolo in cui tutti potranno assistere al dialogo tra l’autore e la direttrice Elena Loewenthal.
Prima della parola scritta, Youtube: il libro è nato durante il lockdown dello scorso marzo come un esperimento di didattica a distanza della primissima ora: dieci lezioni in streaming ai propri studenti dell’accademia delle Belle Arti di Torino in cui il professor Beatrice spiega quando nasce l’arte contemporanea, cosa sono le avanguardie, perchè un orinatoio può essere considerato un’opera da museo, l’arrivo delle donne seguito da un bel «finalmente». Tutto il Novecento raccontato agli addetti ai lavori ma anche ai nuovi appassionati, senza nostalgie, moralismi, gli o tempora o mores a cui sono abituati molti suoi colleghi.
«Oggi le opere nascono per essere instagrammabili», sostiene Beatrice senza un filo di polemica. Non è ironia la sua, ma la cronaca di chi è abituato a vivere e a studiare il mondo senza giudicarlo.
«Ho cominciato a insegnare negli anni Novanta. Per Torino era un periodo vivace, la Fiat stava attraversando un momento di crisi, la mia generazione ha trovato il coraggio di prendere la parola, di dire le cose che aveva voglia di dire. Mi vengono in mente Alessandro Baricco e i Subsonica. Abbiamo anche un altro merito, avere eliminato la gerarchia tra alto e basso, serio e intrattenimento, film da cassetta e film d’essai». È la pop culture che spiega nel libro: tutto ciò che guardiamo è degno della nostra attenzione. Beatrice continua ad esserne convinto: «Certo, poi per fortuna abbiamo la facoltà di scegliere su cosa fermarci». Non si fa arte solo nelle pinacoteche, nei musei e nelle sedi istituzionali.
«L’arte di oggi vive in mezzo alla gente, è un pensiero che corre, si nutre di relazioni, molte persone partecipano alla creazione».
Dal viandante su un mare di nebbia, la prima opera spiegata nel libro, a Marina Abramovic e alle sue performance è cambiato il mondo, siamo cambiati anche noi, la risposta alla domanda in stile Alberto Sordi “ma davvero questa è arte?”, rimane la stessa: sì, lo è. Per spiegarsi meglio, usa una similitudine che più pop di così non si potrebbe, il calcio.
«Tutti possiamo giocare a pallone, in cortile o in Serie A, le regole sono più o meno le stesse ma questo non significa che il risultato sia il medesimo. Lo stesso vale con l’arte, la patente di artisticità te la dà il contesto, lo spazio, la galleria, la critica, il curatore». Oggi, l’ex presidente del Circolo dei lettori, si sente più di ogni altra cosa docente, come curatore è in pausa forzata visto il momento «ci sono mostre in vista, mi auguro che per molti progetti si parli di rinvii e non di cancellazioni, anche se mi rendo conto della difficoltà del momento, è impossibile programmare se non c’è chiarezza: se è difficile aprire un bar da un giorno all’altro, figuriamoci cosa succede con le aperture delle mostre». Per fortuna ci sono gli studenti, i giovani «smetterò di insegnare soltanto il giorno in cui penserò di essere migliore di loro. Ho quattro figli, i due più grandi frequentano il liceo e l’università, in questo anno li ho visti molto spesso tristi. Non si devono chiudere in casa i ragazzi, le città non possono diventare un dormitorio. Posso dirlo perché tra poco più di un mese compio sessant’anni e avrò anche io diritto al dieci per cento di sconto al supermercato: dobbiamo cominciare al guardare il mondo con gli occhi di ha quarant’anni in meno di noi, al contrario di come si è sempre fatto».
❞ Il contemporaneo L’arte di oggi vive in mezzo alla gente, è un pensiero che corre, si nutre di relazioni