Soldi spariti all’anagrafe, impiegato a processo
Nell’estate del 2018 l’anagrafe di Torino vive un periodo di caos: poco personale, disservizi telematici e code di cittadini infuriati per i problemi legati al rinnovo della carta d’identità elettronica. Sono mesi complicati, che coincidono con il nuovo progetto di digitalizzazione e con l’arrivo agli sportelli del pos per consentire agli utenti di pagare con il bancomat. Ed è in quel periodo – nel mese di luglio e poi a settembre – che un impiegato comunale avrebbe fatto la «cresta» sulle carte d’identità. È quanto sostiene il pm Giovanni Caspani, che ha chiesto una condanna a due anni per peculato. Secondo l’accusa, lo sportellista si sarebbe intascato circa 200 euro, pari ai diritti di segreteria e alla tassa ministeriale pagati in contanti dai cittadini per ottenere il documento. In pratica, stando a quanto raccontato in aula, l’uomo avrebbe usato duplicati di ricevute digitali emesse dal pos per giustificare gli ammanchi della propria cassa. A smascherarlo è stato la dirigente Monica Sciajno, che ha avviato degli accertamenti dopo che un collega aveva raccontato che l’imputato «si vantava di fare giochetti con i Pos». L’impiegato infedele nega ogni addebito. «Ero appena arrivato all’anagrafe - ha spiegato ai giudici del tribunale - e mi avevano affiancato colleghi che fino a quel momento si erano occupati solo di documenti d’identità in formato cartaceo. Poi cominciarono ad addebitarmi delle spese perché non c’era corrispondenza tra alcune pratiche e i soldi in cassa. Ho chiesto più volte che venisse fatto un controllo sulle registrazioni bancomat, ma mi hanno risposto che era impossibile. Se ho sbagliato, l’ho fatto in buona fede». Il suo avvocato, Pasquale Ventura, ha chiesto l’assoluzione.