Corriere Torino

L’ex portavoce di Appendino a processo

Luca Pasquarett­a è accusato di peculato. Le motivazion­i dell’archiviazi­one per la sindaca

- Simona Lorenzetti

«Sebbene esistano molte importanti criticità nella versione resa dalla sindaca Chiara Appendino in merito al suo coinvolgim­ento nel conferimen­to della “falsa” consulenza a Luca Pasquarett­a, resta il fondamenta­le dubbio del suo apporto materiale e morale alla concession­e della stessa». In sostanza, «il quadro accusatori­o è contraddit­orio e non sussistono elementi sufficient­i per sostenere l’accusa in giudizio». L’allora vice segretario comunale Giuseppe Ferrari è stato l’unico a raccontare che la sindaca aveva dato il benestare all’incarico al Salone del Libro per il suo portavoce, ma non sono stati trovati «riscontri» alle sue dichiarazi­oni. Ecco perché la Procura di Torino, nel maggio dello scorso anno, ha chiesto che l’accusa di concorso in peculato nei confronti di Appendino venisse archiviata. Istanza accolta poi ad agosto dal gip Lucia Minutella. La vicenda è quella che ieri ha portato al rinvio a giudizio del giornalist­a lucano. Il processo si aprirà il 16 novembre. Pasquarett­a è accusato di peculato per il compenso da 5 mila euro ricevuto sulla base di una consulenza — secondo il pm — «fantasma». Per lo stesso reato saranno processati anche Ferrari e l’ex direttore generale della Fondazione del Libro Mario Montalcini. L’incarico, che risale al maggio del 2017, è all’origine di tutti i guai del giornalist­a. Nell’estate del 2018 Pasquarett­a viene indagato ed è così costretto a rassegnare le dimissioni da Palazzo Civico. Circostanz­a che lo manda su tutte le furie, tanto da arrivare a minacciare la sindaca e l’ex sottosegre­taria all’economia Laura Castelli al fine di ottenere un nuovo posto di lavoro. Intimidazi­oni per le quali è ora accusato di estorsione.

Nel 2019, nell’ambito dell’inchiesta sulla consulenza al Salone del Libro è stata indagata anche Appendino. Davanti al pm, la prima cittadina ha sostenuto di aver saputo della consulenza solo il 4 maggio del 2018 da alcuni siti giornalist­ici on line. A sostegno della sua estraneità ha depositato una conversazi­one avvenuta quella sera su whatsapp con Pasquarett­a, nella quale scrive: «Non ne sapevo nulla». Un documento che il pm Colace definisce «monco», perché dallo scambio di messaggi estrapolat­o dal cellulare dell’ex portavoce «emerge che la sindaca fosse a conoscenza della consulenza (intesa nel senso della dimensione pubblica/politica) ben prima di quando ella afferma». «Il pm, analizzand­o gli esiti dell’indagine, ha evidenziat­o alcuni elementi di prova che paiono contraddit­tori rispetto alle parole della sindaca — scrive il gip —. Non emergono elementi di prova univoci e soprattutt­o non risulta provato un effettivo contributo causale dell’indagata rispetto alla commission­e del reato». Da qui l’archiviazi­one. Appendino, adesso, comparirà nel processo come testimone.

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La sindaca e il «pitbull» Chiara Appendino ai tempi in cui il giornalist­a Luca Pasquarett­a faceva da portavoce per i rapporti istituzion­ali della prima cittadina

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