Immagini naziste e pornografiche, ancora zoombombing
L’incontro on line era appena cominciato, quando i partecipanti hanno sentito voci sconosciute inneggiare a Hitler e proferire bestemmie. Il collegamento è stato interrotto e nelle ore successive è scattata la denuncia. Una modalità già vista. E ora salgono a sei gli episodi di «zoombombing» su cui sta indagando la Procura di Torino. L’ultimo caso segnalato al pm Valentina Sellaroli si è verificato lo scorso 11 febbraio. Si tratta di un’incursione avvenuta durante un meeting organizzato dall’informagiovani di Torino. L’appuntamento, rivolto ai ragazzi per orientarli nel mondo del lavoro, era partito da pochi minuti quando c’è stata l’incursione. All’improvviso si sono sentite voci che lanciavano slogan nazisti e bestemmie. Il raid è durato pochi istanti, giusto il tempo per gli organizzatori di capire cosa stava accadendo e mettere fine al meeting. Il fenomeno è sempre più diffuso. La Procura infatti sta indagando anche su altri cinque blitz avvenuti nei mesi precedenti, come quello all’inaugurazione online di una mostra sul Capodanno
Un collegamento su Zoom
Cinese, e un altro durante una commissione della Circoscrizione 1. E prima ancora grande risonanza avevano avuto le incursioni in due eventi organizzati da associazioni legate alla comunità ebraica: la presentazione di un libro della scrittrice Lia Tagliacozzo il 10 gennaio, e quella di una applicazione per smartphone e tablet dedicata al turismo sui luoghi dell’ebraismo in Italia il 18 novembre. A ottobre era invece finita nel mirino degli hacker l’ex assessora di Torino Ilda Curti, all’interno di un progetto svolto con le scuole. Al momento non ci sono iscrizioni sul registro degli indagati. Per riuscire a dare un nome e un volto ai responsabili, gli inquirenti hanno chiesto la collaborazione dei gestori delle piattaforme digitali e delle compagnie telefoniche, che posseggono i dati di traffico e le specifiche tecniche degli accessi che sono stati effettuati. Il punto è capire se è possibile risalire a un’identità digitale degli incursori. Gli attacchi si caratterizzano per analogie comuni, a cominciare dal linguaggio e dagli slogan spesso antisemiti.