Corriere Torino

Il fotografo Steve Panariti e le sue facce da Barriera

- Di Francesca Angeleri

C’è un filo molto sottile tra ciò che è limite e ciò che è opportunit­à. Tra quella panchina sulla quale da bambino incontravi gli amici e guardavi le partite di calcetto e quella dove uno di loro è morto con un ago nel braccio. Tra una città da cui tanti scappano o magari rientrano a dormire con l’alta velocità e quella (sempre la stessa) in cui sei rimasto, perché ok conquistar­e il mondo ma tornare a casa è sempre bello. Steve Panariti oggi vive in via della Rocca e viaggia ovunque come fotografo di moda, ma nella sua Barriera di Milano ci torna sempre.

C’è un filo molto sottile tra ciò che è un limite e ciò che invece è un’opportunit­à. Tra quella panchina sulla quale da bambino incontravi gli amici e guardavi le partite di calcetto e quella (magari proprio la stessa) dove uno di loro è morto con un ago nel braccio. Qualcun altro, invece, si è alzato e se ne è andato. Tra una città da cui tanti scappano o magari rientrano a dormire con l’alta velocità e quella (sempre la stessa) in cui sei rimasto, perché ok conquistar­e il mondo ma tornare a casa è sempre bello. Steve Panariti oggi vive in via della Rocca e viaggia ovunque come fotografo di moda, ma nella sua Barriera di Milano ci torna sempre. Almeno ogni settimana, per salutare sua mamma che vive ancora nella via in cui è nato. «È come andare dallo psipuò canalista». Non si è fatto fregare dalle trappole della periferia anni 80 innanzitut­to grazie ai suoi fratelli — «che mi dicevano: se ti becco a farti qualcosa ti ammazzo» — e agli interessi: «se ne hai la sfanghi sempre, non resti seduto in panchina. Io ne avevo, ho fatto anche il dj per Radio Blackout. Poi è arrivata la fotografia».

Le prime volte affiancava i grandi come fotografo di back up. Alla fine sceglievan­o però sempre i suoi di scatti. Tra un set e l’altro lui si distaccava e cercava la Barriera. Che è una e uguale ovunque, che è bellezza tra le storpiatur­e, cuore sotto chili e chili di maglioni sporchi, tenerezza di bambino dietro facce prese a pugni. Tutta questa barriera è «Diamonds», il suo primo libro, edito dalla casa editrice palermitan­a 89Books e con la prefazione di Guido Costa. «È un titolo che sembrare banale. Ma per me davvero, tutte le persone cui ho fatto il ritratto sono dei diamanti». La Barriera come tratto esistenzia­le: che sia Torino, Los Angeles, Berlino, Parigi. La Barriera è fuori, ma soprattutt­o resta dentro chi vi è cresciuto ed è volato via: «È quella cosa che ti fa capire quanto ti puoi spingere avanti, cosa puoi chiedere e quando ti devi fermare». Quasi sempre lo prendono (ogni giorno fa almeno tre o quattro scatti) per un poliziotto. E sono spaventati, ritrosi. Lui sa come fare, si siede, si racconta e si fa raccontare e a un certo punto prende la macchina fotografic­a.

Scrive Guido Costa: «Esiste, a Torino, un vero e proprio spirito di Barriera, da sempre, antagonist­a allo spirito borghese della città e in un certo qual modo assai diverso anche da quello che anima i vecchi quartieri operai, come Mirafiori o le Vallette. La Barriera è un confine, e come tale è aperto su due lati. Non è un caso, forse, che nelle Barriere siano nati famosi fuorilegge e celebri imprendito­ri, canaglie e beati della Chiesa. Se esiste un blues torinese, non viene certo da Mirafiori, né dalla Crocetta, ma da Barriera di Milano, ne sono sicuro. Ci sono poi i luoghi di Barriera, i riti di Barriera, le facce di Barriera, lo stile di Barriera. Sono sfumature, ma per coglierle devi averci passato tanto tempo, meglio ancora se lì ci sei nato».

E non appena di barriere (questa volta per il Covid) non ce ne saranno più, «Diamonds» diventerà una mostra e sarà proprio in Barriera di Milano. Esiste un numero «Uno» di questi ritratti, si chiama Costantino ed è in copertina. Un clochard rumeno innamorato di Ceausescu incontrato un giorno in centro. «Gli chiesi come mai fosse gonfio e mi rispose che era caduto dal tram. È iniziato tutto con lui. Ultimament­e l’ho rivisto, da lontano, ma era conciato male. E non l’ho avvicinato. Spero di rincontrar­lo presto e fargli vedere il libro, magari gli fa piacere».

❞ La foto numero uno Gli chiesi come mai fosse gonfio e mi rispose che era caduto dal tram È iniziato tutto con lui

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 ??  ?? Volto Una delle facce di Barriera di Milano
Volto Una delle facce di Barriera di Milano
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Tatuaggi Una delle foto pubblicate nel volume
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Costantino La foto da cui è partito il progetto

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