Il rebus ricandidatura e il veto su Lo Russo Le incognite di Chiara
Ora che, nonostante le insistenze pentastellate, la partita dell’alleanza giallorossa è perduta, i big del Movimento la vorrebbero convincere a ricandidarsi sullo schema di Virginia Raggi a Roma.
Chiara Appendino non ha detto no, dovendo altalenarsi tra l’ex premier Giuseppe Conte, di cui potrebbe aspirare a diventare la numero due nel nuovo organigramma 5 Stelle, e il già capo politico e ancora influentissimo Luigi Di Maio. Ma certo non è la sua massima aspirazione, quella di tornare a correre per Palazzo Civico.
Ora che, nonostante le insistenze pentastellate, la partita dell’alleanza giallorossa è perduta, i big del Movimento la vorrebbero convincere a ricandidarsi sullo schema di Virginia Raggi a Roma. Chiara Appendino non ha detto no, dovendo altalenarsi tra l’ex premier Giuseppe Conte, di cui potrebbe aspirare a diventare la numero due nel nuovo organigramma 5 Stelle, e il già capo politico e ancora influentissimo Luigi Di Maio. Ma certo non è la sua massima aspirazione, quella di tornare a correre per Palazzo Civico.
Le sentenze giudiziarie, con i processi di appello che si apriranno a ridosso delle elezioni, e poi la gravidanza che, come lei ha tenuto a precisare, certo «non è una malattia», ma che significherebbe dover andare in giro per mercati con il pancione al nono mese proprio in concomitanza con l’apertura dei seggi, continuano ad avere il loro peso nella scelta di non ripresentarsi agli elettori torinesi. Senza contare che smentirebbe se stessa e la promessa fatta: «Non mi ricandido».
Come se non bastasse, c’è poi un’altra incognita che la sindaca uscente non può ignorare nel valutare una sua ridiscesa in campo: il rischio di arrivare terza, magari con un risultato più lusinghiero rispetto agli ultimi sondaggi che sotto la Mole danno il M5S al 13 per cento (motivo per cui già in tempi non sospetti gli stessi penstastellati ne chiedevano la ricandidatura), ma comunque in coda rispetto al favorito del centrosinistra Stefano Lo Russo, e dunque, in definitiva, fuori da un eventuale ballottaggio.
Ecco perché per la sindaca è determinante incidere sulla partita prima che questa inizi. Le tensioni degli ultimi giorni con i 5 Stelle contrari all’alleanza giallorossa e le dichiarazioni tranchant sul sostegno del candidato dem al secondo turno («Lo escludo al 100%») ne sono un sintomo: in questa fase Appendino spera ancora di influenzare se non le scelte, almeno il dibattito del centrosinistra, tanto da cercare agganci con la sinistra nel tentativo di mettere fuori gioco Lo Russo.
Il veto c’è, ed è fortissimo. Ma è difficile pensare che l’avversione della prima cittadina nei confronti del suo «accusatore» (è lui che l’ha denunciata ai magistrati procurandole una delle sue condanne) si tramuti in automatico in truppe M5S da inviare ai gazebo con l’obiettivo di sabotarlo a favore degli outsider Enzo Lavolta o Francesco Tresso. È più una questione, per così dire, di contro-immagine: a tal punto da spingerla a spendere parole di stima per l’alfiere del centrodestra Paolo Damilano, a chiedere scusa, quasi, a Pierluigi Bersani, e a decidere di farsi vedere fianco a fianco con il dem Lavolta, uno degli sfidanti e candidato ufficiale della formazione ecologista, alla «camminata per l’ambiente» dei Verdi. Un proposito, quest’ultimo, a cui la sindaca è stata costretta a rinunciare dopo le barricate alzate da alcuni 5 Stelle, come l’ex fedelissimo Fabio Versaci. Appendino ha così preferito tirarsi indietro, per non prestare il fianco a letture che la vorrebbero in campo in appoggio degli anti-lo Russo.
Ciò non toglie, tuttavia, che la prima cittadina si stia adoperando da mesi, prima con l’idea (naufragata) della candidatura giallorossa del rettore Guido Saracco, poi con la tessitura di una fitta rete di relazioni con la sinistra, per sbarrare la strada a quello che per il Pd è il candidato favorito, ma per lei resta l’«accusatore» numero uno.