Corriere Torino

Cene e aperitivi ora ricomincia­mo

- di Luca Iaccarino

Con alcuni amici abbiamo coniato la locuzione «frenesia alimentare» che è quella brama che ti prende quando hai innanzi innumerevo­li cose squisite e non sai da che parte iniziare. Ecco: in questi giorni sono in piena «frenesia alimentare». Non so da che parte partire, tanto mi sento arretrati addosso. Pur con le prudenze del caso, pur con il «rischio ragionato», la pioggia, i dehors, le limitazion­i, non c’è freno che mi tenga dal fare tutto quello che si può fare, dal ricomincia­re dal «dove eravamo rimasti?». Che poi è anche una questione di riabituars­i.

Con alcuni amici abbiamo coniato la locuzione «frenesia alimentare» che è quella brama che ti prende quando hai innanzi innumerevo­li cose squisite e non sai da che parte iniziare. Ecco: in questi giorni sono in piena «frenesia alimentare». Non so da che parte partire, tanto mi sento arretrati addosso. Pur con le prudenze del caso, pur con il «rischio ragionato», la pioggia, i dehors, le limitazion­i, non c’è freno che mi tenga dal fare tutto quello che si può fare, dal ricomincia­re dal «dove eravamo rimasti?». Che poi è anche una questione di riabituars­i, di «darsi il permesso»: per dire, è due settimane che si può uscire la sera, e solo una volta mi sono concesso un aperitivo con amici. Dobbiamo riprendere la mano, ritrovare l’andatura, l’allenament­o. Così, per rieducarmi, mercoledì sono andato a magiare alla Trattoria dai Bercau a Verduno e venerdì da Spazio7 (sotto un acquazzone apocalitti­co, sembrava di essere in un quel filmato diventato virale sul web, con il tipo che mangia sotto il diluvio). Ieri ho insistito ed eccomi da Disguido a Fontanafre­dda (tanti dei locali che provo ogni settimana li trovate recensiti nella newsletter del Corriere di Torino, normalment­e il martedì e il venerdì). Ma non è che l’inizio. Passo dopo passo, dobbiamo tornare a fare tutte le cose che amavamo. E che — ricordate? — ci facevano felici. E allora appena possibile io voglio andarmi a mangiare una pizza da Uagliò: li ho scoperti durante la pandemia con le consegne; se la loro pizza è buona in delivery, non immagino «in presenza» in via Berthollet! Voglio tornare da Fra’ Fiusch a Revigliasc­o, che è stata la culla della mia educazione gastronomi­ca piemontese. Voglio portare il mio mentore

Bruno Boveri — già responsabi­le cittadino e regionale di Slow Food — da Barbagusto, a bere un bicchiere di Erbaluce di Santa Clelia. Voglio tornare da Condivider­e per una cena cucinata da Federico Zanasi con tutti i crismi, come sa fare lui. Voglio andare a mangiare a Porta Palazzo, magari dai Valenza, per ricordarmi quand’ero ragazzo, e una Torino che non c’è più. Voglio salire a Piano 35, per vedere la città dall’alto, ricordarmi che sa essere grande. Voglio di nuovo i piattini del Caffè Vini Emilio Ranzini, il casino della Piola da Celso, le notti a bere in via Baretti, i crudi di pesce al bancone della Gallina Scannata, i gin tonic a tarda notte con Scabin. È giunta l’ora che tutto questo torni. E sapete cosa? Lo farà.

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