«Non tenue, ma gravissimo» pm fa appello contro Salvini
Altro che particolare tenuità del fatto — sostiene la Procura — formula con la quale Matteo Salvini era stato assolto dall’accusa di vilipendio dell’ordine giudiziario: «Che davanti a mille persone e alla televisione dello Stato egli si esprima con tali epiteti (“stronzi”, “schifezza”, “cancro da estirpare”) nei confronti di uno dei tre poteri dello Stato appare gravissimo, non di particolare tenuità», scrive nell’atto di appello il procuratore aggiunto Emilio Gatti. Il leader della Lega — assolto lo scorso 22 marzo dal giudice della sesta sezione Roberto Ruscello — era finito a processo per un intervento tenuto il 14 febbraio 2016, a Collegno, in occasione del congresso regionale del partito, nel corso del quale si scagliò appunto contro i magistrati. In un appuntamento strettamente riservato agli iscritti e non pubblico, aveva però sottolineato la difesa (l’avvocato Claudia Eccher), mentre l’accusa aveva chiesto la condanna a 3.000 euro di multa, senza sospensione condizionale della pena e senza attenuanti generiche. Il giudice — stimato da colleghi ed avvocati — aveva invece scelto la formula dell’articolo 131 bis del codice penale, ovvero quello che prevede l’«esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto». La soluzione che ha fatto giuridicamente arrabbiare diversi colleghi della Procura. Da qui, l’appello. Detto che la sentenza riconosceva «in linea di principio l’integrazione della fattispecie di reato ascritta a Salvini», ricorrendo elemento oggettivo e soggettivo, il punto è la «particolare tenuità del fatto». Inaccettabile, secondo l’appello: «Un’esternazione oltraggiosa durata ben un minuto su 14 totali non pare così marginale nell’economia del discorso», come aveva invece sostenuto il giudice. Anzi: «Di solito i processi per reati analoghi prendono in esame esternazioni di durata molto più breve di quelle compiute dall’imputato», osserva Gatti. «A volte anche solo una parola».