Ucciso dai ladri, in 300 all’addio Gli assassini ancora in fuga
Nel ricorso contro il ras di Porta Palazzo, il comando non lo sostiene. Ma scatta la colletta
Lacrime, abbracci e sguardi smarriti che sembrano cercare spiegazioni difficili da trovare. Sono passate due settimane dall’omicidio di Roberto Mottura, i suoi assassini sono ancora in fuga e amici e parenti non riescono ancora a credere che «Rube» non sia più assieme a loro. Sono arrivati quasi in trecento ieri mattina a Piossasco per l’ultimo saluto all’architetto 49enne, ucciso durante una rapina nella sua casa. «Sei stato — è stato detto — un marito innamorato, un figlio e un padre amorevole, un amico leale».
Nella complicata sfida per far rispettare le regole a Porta Palazzo, G.V., agente della polizia municipale del comando di piazza della Repubblica, ne è diventato uno dei protagonisti più in vista quando ha deciso di rivolgersi a un avvocato e reagire ai continui soprusi di chi era abituato a vivere nell’illegalità. Un gesto di coraggio che al comando di via Bologna non hanno accolto con il sorriso, obbligandolo a combattere la battaglia in solitudine, finché non è scattata la solidarietà di tanti colleghi.
Estate del 2018, il vigile apprende la notizia dell’archiviazione della denuncia (per minacce e per oltraggio a pubblico ufficiale) sporta, dopo l’ennesimo atto di prepotenza, all’uomo che controllava il business illegale dello smontaggio dei banchi nel mercato più grande della città. Oggi, dopo un’operazione della polizia, è stato condannato e vive agli arresti domiciliari. Ma allora sembrava quasi un intoccabile. Ogni volta che scattava un’accusa, riusciva a farla franca. Col risultato di diventare sempre più spavaldo e vendicativo nei confronti di chi voleva far rispettare le regole. «Il facchino si comportava come il padrone della piazza. E, anche se il tribunale aveva definito le minacce e i suoi comportamenti come “tenui” e “saltuari” tanto da non essere perseguiti, per noi vigili la situazione era diventata ingestibile», raccontano da Porta Palazzo. Per questo motivo, il civich antiracket, alla nuova denuncia archiviata, ricorrere contro la decisione. Vuole andare fino in fondo, non può accettare che il suo lavoro e la divisa che indossa tutti i giorni siano trattati in quel modo. Ma la pagina più amara della storia deve ancora essere scritta. Qualche tempo dopo, l’agente, che continua a lavorare tra i banchi del mercato e quasi quotidianamente incontrava il malvivente dei banchi, è chiamato ad affrontare il ricorso. «Nonostante la richiesta, né il comando né l’assessore alla polizia municipale, ha provveduto a costituirsi come parte civile. E durante le varie udienze si scoprirà che la polizza legale del corpo stipulata all’epoca non prevedeva la copertura sui ricorsi, ma solo sulle udienze dei processi», raccontano dal sindacato Csa. Il vigile coraggioso si ritrovava da solo con un onorario da saldare, fuori polizza da quasi 5.000 euro. Ma il sindacato e i colleghi non ci stanno. E se negli uffici dirigenziali di via Bologna guardano dall’altra parte, è un successo la loro raccolta di denaro. In tanti si tassano di 50 euro. Per stargli vicino e non lasciarlo solo.