«Lo indusse a sposarla» (per i soldi) Condannata
Avrebbe approfittato della fragilità psichica di un uomo e lo avrebbe «indotto a sposarla», così da potersi impossessare del suo patrimonio. È l’accusa contestata dal pubblico ministero Antonella Barbera a una donna di 58 anni, che nei giorni scorsi è stata condannata a due anni, tre mesi e 700 euro di multa, oltre a una provvisionale da 150 mila euro. La vittima è un quarantottenne di Torino che all’epoca viveva con il padre, deceduto prima dell’inizio del processo.
Una storia complicata e dolorosa su cui hanno fatto luce gli uomini della polizia municipale della Procura. Tutto ha inizio nel 2018. Il 48enne abita nel quartiere Madonna di Compagna. Diversi anni prima era stato investito: un incidente che lo ha segnato nel fisico, ma anche nella mente. Tanto che da tempo è seguito dai servizi psichiatrici dell’asl. L’uomo aveva ricevuto un risarcimento dall’assicurazione di 300 mila euro. Ed è a questi soldi che, secondo l’accusa, mira la donna quando comincia a frequentarlo. Nel giro di pochi mesi, si sposano. Lei apre alcuni conti correnti cointestati con il marito. E il suocero le versa cospicui bonifici a titolo di «investimento per la coppia». Soldi che lei utilizza per acquistare due alloggi intestati alla coppia. Poi la situazione si complica. La notizia del matrimonio giunge all’asl: l’uomo comincia a non presentarsi agli appuntamenti e a quel punto la psichiatra fa una segnalazione in Procura. Partono le indagini e il padre del quarantottenne sporge denuncia. Nel frattempo, il pm avvia la procedura per la nomina di un amministratore di sostegno che gestisca il patrimonio della vittima. Gli indizi raccolti contro la moglie sono tanti e nell’autunno del 2019 il gip la obbliga ad abbandonare la casa coniugale e le vieta di avvicinarsi al marito. Anche la vittima capisce di essere stata raggirata e, assistita dall’avvocato Elio Michele Gnocato, sporge querela. Si arriva in aula. Sfilano testimoni che raccontano la fragilità dell’uomo, confermata anche da una perizia psichiatrica. Diversa la tesi dell’avvocato Salvo Lo Greco, che difende l’imputata. «Non è stato certo un matrimonio d’amore», esordisce il legale nell’arringa. Per poi spiegare che era stato il padre a sollecitare le nozze. Allo stesso tempo, il legale chiarisce che non vi è stata costrizione e che non esiste circonvenzione d’incapace perché la donna non ha mai esercitato violenza contro il marito. Una tesi che però non convince il giudice.