Bancarotta e operai rovinati, tre condanne Nuovi atti al pm
Non è stata solo una bancarotta — unico reato resistito alla prescrizione — quella che travolse la De Tomaso automobili, ma anche una tragedia sociale, come racconta Mario V., 62 anni, 33 dei quali passati alla Pininfarina, nel ramo poi ceduto alla De Tomaso, appunto: «Ci sono colleghi che hanno perso la casa e la famiglia, separandosi, e che qualche tempo fa ho visto dormire nel pronto soccorso degli ospedali». Insieme ad altri due ex operai in pensione — «dopo cassa integrazione e mobilità, siamo stati fortunati» — è nell’enorme e vuota maxiaula 1, ad ascoltare la sentenza della corte d’appello (presidente Alessandro Prunas Tola): condanna a 3 anni e 10 mesi di reclusione per Gian Mario Rossignolo, 3 anni e 6 mesi per il figlio Gianluca e 3 anni e 3 mesi per il manager Giuliano Malvino. Pene ridotte rispetto a quelle del primo grado per il non doversi procedere dovuto alla prescrizione, che si è portata via le ipotesi di malversazione e truffa ai danni della Regione e del ministero dell’economia. I giudici — a latere, Marco Del Vecchio e Maria Cristina Pagano — hanno anche stabilito il non doversi procedere per altri 4 imputati, sempre per prescrizione. In linea con le richieste del sostituto procuratore generale Giancarlo Avenati Bassi, che ha comunque ottenuto la trasmissione degli atti alla Procura: per accertare che fine abbiano fatto circa 11 milioni di euro di tfr, tra quello messo da parte nelle casse della Pininfarina e quelle della De Tomaso. Somme, — anche più ingenti di quelle già oggetto del processo — che i Rossignolo ottennero proprio acquistando il ramo di azienda della Pininfarina: un’operazione poi rivelatasi disastrosa.
In primo grado, l’imprenditore e suo figlio erano stati condannati a 5 anni e 6 mesi e 4 anni e 10 mesi per bancarotta fraudolenta, truffa ai danni della Regione Piemonte e del ministero dell’economia. L’inchiesta era partita da finanziamenti dell’unione Europea per corsi di formazione per i lavoratori, in realtà mai tenuti. Quegli stessi lavoratori — tutelati tra gli altri dagli avvocati Giovanni Bonino ed Elena Poli — beffati dalla mancata concessione di una provvisionale per il risarcimento danni: molti finirono disoccupati, con relativi gravi problemi economici. Resterebbe la causa civile, ma il sospetto è che la disponibilità degli imputati si sia già volatilizzata.