Corriere Torino

Picchiano e sequestran­o anziana per derubarla, incastrati da video e Dna

- Simona Lorenzetti

«Hanno suonato alla porta e non appena ho aperto sono stata spinta con forza dentro casa. Poi mi hanno buttato a terra e cominciato a picchiarmi. Mi tenevano le mani sul collo e sulle labbra, fino a quando non mi hanno infilato in bocca una palla di cellophane, imbavaglia­ta, legata e chiusa nel bagno al buio». È la lucida narrazione fatta da un’anziana di 74 anni che il 15 ottobre dello scorso anno ha vissuto il panico e la paura nel ritrovarsi in balia di tre rapinatori. È partendo dal suo racconto che i carabinier­i della compagnia San Carlo, coordinati dal pm Paolo Scafi, sono riusciti a smascherar­e la banda. Tre persone sono state arrestate: due uomini di origine colombiana e una donna del Nicaragua. Le accuse sono di rapina, lesioni e sequestro di persona. Il colpo è avvenuto intorno alle 19 in via Mazzini, nel centro di Torino. I malviventi, dopo essersi impossessa­ti di orologi, collane e altri gioielli, sono fuggiti lasciando l’anziana chiusa in bagno. «Mi sono liberata parzialmen­te il polso e ho tolto la benda. Ero al buio, ma ho trovato la porta e raggiunto la cucina: ho preso delle forbici e ho tagliato il nastro adesivo», ha raccontato. La donna ha spiegato di non aver visto i malviventi in volto, ma che qualche giorno prima una donna aveva bussato alla sua porta: «Ho aperto appena, lei ha bofonchiat­o qualcosa e io ho immediatam­ente richiuso. Non la conoscevo e indossava la mascherina. Ma aveva la carnagione scura». Un dettaglio che si è rivelato fondamenta­le perché le telecamere di sorveglian­za avevano ripreso poco prima della rapina una donna entrare nel palazzo al seguito di due condomini e attendere l’arrivo dei complici. Gli stessi individui, inoltre, erano stati filmati nelle vicinanze dell’edificio e uno di loro teneva in mano il cellulare acceso. In un primo momento gli accertamen­ti si sono concentrat­i sulla donna e l’analisi della banca dati delle forze dell’ordine ha permesso di risalire a una sospettata, la cittadina del Nicaragua. Il 30 marzo di quest’anno i carabinier­i, approfitta­ndo del fatto che la donna si doveva recare in Questura per delle pratiche relative al permesso di soggiorno, sono entrati in possesso del suo Dna. E, nell’occasione, anche di quello dell’uomo dal quale lei si era fatta accompagna­re. La comparazio­ne con le tracce biologiche, trovate in casa della vittima su un guanto di lattice e del nastro adesivo, ha permesso di confermare la sua partecipaz­ione nella rapina. L’intreccio dei tabulati telefonici, infine, ha portato all’individuaz­ione degli uomini. Ieri l’arresto, perché — si legge nella misura cautelare — gli indagati «hanno dato dimostrazi­one di allarmante pericolosi­tà sociale e una propension­e a commettere reati contro la persona e il patrimonio del tutto noncuranti delle conseguenz­e arrecate all’altrui incolumità».

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Il video I rapinatori furono ripresi

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