Picchiano e sequestrano anziana per derubarla, incastrati da video e Dna
«Hanno suonato alla porta e non appena ho aperto sono stata spinta con forza dentro casa. Poi mi hanno buttato a terra e cominciato a picchiarmi. Mi tenevano le mani sul collo e sulle labbra, fino a quando non mi hanno infilato in bocca una palla di cellophane, imbavagliata, legata e chiusa nel bagno al buio». È la lucida narrazione fatta da un’anziana di 74 anni che il 15 ottobre dello scorso anno ha vissuto il panico e la paura nel ritrovarsi in balia di tre rapinatori. È partendo dal suo racconto che i carabinieri della compagnia San Carlo, coordinati dal pm Paolo Scafi, sono riusciti a smascherare la banda. Tre persone sono state arrestate: due uomini di origine colombiana e una donna del Nicaragua. Le accuse sono di rapina, lesioni e sequestro di persona. Il colpo è avvenuto intorno alle 19 in via Mazzini, nel centro di Torino. I malviventi, dopo essersi impossessati di orologi, collane e altri gioielli, sono fuggiti lasciando l’anziana chiusa in bagno. «Mi sono liberata parzialmente il polso e ho tolto la benda. Ero al buio, ma ho trovato la porta e raggiunto la cucina: ho preso delle forbici e ho tagliato il nastro adesivo», ha raccontato. La donna ha spiegato di non aver visto i malviventi in volto, ma che qualche giorno prima una donna aveva bussato alla sua porta: «Ho aperto appena, lei ha bofonchiato qualcosa e io ho immediatamente richiuso. Non la conoscevo e indossava la mascherina. Ma aveva la carnagione scura». Un dettaglio che si è rivelato fondamentale perché le telecamere di sorveglianza avevano ripreso poco prima della rapina una donna entrare nel palazzo al seguito di due condomini e attendere l’arrivo dei complici. Gli stessi individui, inoltre, erano stati filmati nelle vicinanze dell’edificio e uno di loro teneva in mano il cellulare acceso. In un primo momento gli accertamenti si sono concentrati sulla donna e l’analisi della banca dati delle forze dell’ordine ha permesso di risalire a una sospettata, la cittadina del Nicaragua. Il 30 marzo di quest’anno i carabinieri, approfittando del fatto che la donna si doveva recare in Questura per delle pratiche relative al permesso di soggiorno, sono entrati in possesso del suo Dna. E, nell’occasione, anche di quello dell’uomo dal quale lei si era fatta accompagnare. La comparazione con le tracce biologiche, trovate in casa della vittima su un guanto di lattice e del nastro adesivo, ha permesso di confermare la sua partecipazione nella rapina. L’intreccio dei tabulati telefonici, infine, ha portato all’individuazione degli uomini. Ieri l’arresto, perché — si legge nella misura cautelare — gli indagati «hanno dato dimostrazione di allarmante pericolosità sociale e una propensione a commettere reati contro la persona e il patrimonio del tutto noncuranti delle conseguenze arrecate all’altrui incolumità».