Alla corte di A.B.O.
Al Castello di Rivoli apre la mostra «Theatron. L’arte o la vita», un grand tour nella carriera del critico Achille Bonito Oliva (che ha donato il suo archivio)
«Se l’artista è creatore, il critico è creativo». Basterebbero queste poche parole di Achille Bonito Oliva, critico d’arte e curatore tra i massimi protagonisti degli ultimi decenni, per spiegare il senso, gli obiettivi e molti dei contenuti di A.B.O. Theatron. L’arte o la vita
(fino al 9 gennaio 2022, ottimamente curata da Andrea Viliani), la mostra che il Castello di Rivoli gli dedica nelle sale del secondo piano. E se alla presentazione della mostra — che segue la donazione del suo archivio al Crri-centro di Ricerca Castello di Rivoli, di cui Viliani è il direttore — Achille Bonito Oliva è stato istrionico e incontenibile come sempre, l’attenzione è andata alla neopresidente Francesca Lavazza e alla direttrice Carolyn Christovbakargiev. Un tandem che infonde sicurezza sulle sorti future del primo museo del contemporaneo nel nostro Paese. La presidente ha ricordato il predecessore Fiorenzo Alfieri, scomparso lo scorso dicembre, e ha sottolineato «l’importanza dell’arte come momento di riapertura verso il futuro», mentre la direttrice si è soffermata prima sui ricordi che la legano a Bonito Oliva e poi sui progetti del Crri, di cui la mostra è una parte significativa. A.B.O. Theatron, insieme all’omaggio del 2019 ad Harald Szeemann, «rappresenta un unicum a livello mondiale. Mai un museo di arte contemporanea aveva organizzato mostre con critici d’arte come protagonisti», ha dichiarato orgogliosa. Il percorso di visita rappresenta un vero grand tour nella carriera di Achille Bonito Oliva, a partire dalla prima sala dedicata alla Transavanguardia (sua «invenzione» critica), in cui le opere di Francesco Clemente, Sandro Chia, Mimmo Paladino, Enzo Cucchi e Nicola De Maria interagiscono con un dipinto di anonimo fiorentino del ’500, con un autoritratto di Giorgio de Chirico e con il grande Senza Titolo di Gino De Dominicis. La sala successiva accoglie un film intervista di Irene Dionisio, nel quale il critico racconta molto di sé, della sua infanzia («da grande voglio essere bambino», disse alla madre) e della sua lunga carriera. Da qui prende il via un percorso cronologico attraverso alcune delle mostre da lui curate, spesso rimaste epocali, rievocate grazie a opere di Pino Pascali, Ugo Mulas, Mario Merz, Alighiero Boetti (particolarmente spettacolari, così come quelle di Shozo Shimamoto e Nanni Balestrini),
Balla (dalla mostra del 1997 Minimalia, da Giacomo Balla a...), Fabio Mauri e Giulio Paolini, fino a Marcel Duchamp. Ma gli artisti in mostra sono molti di più, in un viaggio negli ultimi cinquant’anni della storia dell’arte. Di grande efficacia è la sala 28, dedicata a Contemporanea, la mostra curata nel 1973-74 nel parcheggio di Villa Borghese a Roma: una tappa importante perché è la prima grande mostra di arte internazionale curata da Bonito Oliva, con Christo e Jeanneclaude e tutti i maggiori esponenti dell’arte concettuale e minimalista e della Pop Art. Si prosegue con la Biennale d’arte di Venezia curata nel 1993, per cui propone, sotto il titolo complessivo di Punti Cardinali dell’arte, quindici diverse mostre, tra loro interconnesse, nel segno di un’arte transna
Capolavori e glamour
Sono esposte opere, video e oggetti Le divise del personale sono firmate da Gucci
zionale, plurale e multidisciplinare. Una visione innovativa e attualissima. Imperdibili sono, più avanti, gli schermi che proiettano le interviste televisive al protagonista della mostra. Il quale, da vero maestro della divulgazione, nella sala 30 (quasi in chiusura della mostra) è anche impegnato in un divertente video in cui chiacchiera, al telefono, con il divo della musica pop britannica Harry Styles. È parte del progetto Guccifest commissionato dalla maison Gucci, che ha portato il suo glamour fin dentro il Castello: oltre ad essere main sponsor di A.B.O. Theatron, ha anche disegnato le divise che il personale del museo indosserà per l’intera durata della mostra.