Bambole, mostri e inquietudini di Alessandri
«L’ho visto lavorare, la sua malattia è stato il tramite per la nostra conoscenza. Così è nata la nostra amicizia». Si emoziona, il dottor Romano Ravazzani, mentre parla dell’artista Lorenzo Alessandri. Ne fu il medico fino alla scomparsa, avvenuta a Giaveno nel 2000, e con lui ha condiviso molti dialoghi e discussioni sull’arte. Da Alessandri, peraltro, ha avuto in dono alcune opere, ora in parte esposte nella mostra che rende omaggio all’artista presso la Sala delle Arti del Comune di Collegno. Ravazzani ha concesso i quadri all’associazione Tre Dimensioni, la cui presidente, Monica Col, è curatrice dell’esposizione. Si intitola Lorenzo Alessandri tra inconscio e surreale fino al 9 novembre farà vedere al pubblico una cinquantina di opere del pittore torinese, che nell’ultima parte della sua vita si era trasferito a Giaveno, in lotta contro i pregiudizi nei confronti della sua figura. Appassionato di occultismo e massoneria, faticò a togliersi di dosso l’etichetta di «artista esoterico», ma lavorò molto nella creazione dei suoi mondi e dei suoi personaggi, oggi apprezzati dal pubblico e dalla critica. Di lui ha scritto di recente Vittorio Sgarbi nella prefazione al volume Viaggio nel cinque, un racconto di Alessandri pubblicato da La Nave di Teseo, a cura di Concetta Leto. «Ho conosciuto l’artista grazie al dottor Ravazzani — ha detto Monica Col — e abbiamo diviso la mostra in sezioni. C’è la parte pittorica, dalle prime produzioni degli anni Quaranta, con donne, bambole, mostri, e una parte più intimistica, dove troviamo un Alessandri più dedito all’inconscio e alle rappresentazioni religiose, mai esposte prima d’ora. C’è stato anche l’esoterismo, ma poi se n’è discostato». Per il Comune di Collegno, come sottolineato dal sindaco Francesco Casciano e l’assessore alla Cultura Matteo Cavallone, è uno degli eventi più importanti della stagione espositiva della città (c’è il contributo di Barricalla). L’esposizione, a ingresso gratuito, è accompagnata da un calendario di incontri. Alessandri trova così una casa temporanea a circa 25 chilometri da quella «vera». A Giaveno, infatti, è presente un Museo Alessandri, curato da
Concetta Leto (per occuparsi di questo lavoro non avrebbe potuto collaborare alla mostra), che tuttavia non ha ancora aperto al pubblico. All’esposizione collegnese, però, non sono arrivate opere da Giaveno. «Il museo è stato aperto e i lavori sono finiti — ha detto Vladimiro Colombo, consigliere del Comune di Giaveno —, occorre un direttore. Ci sono stati ritardi burocratici ma la riapertura è imminente». Intanto, a Collegno, si può tornare ad apprezzare l’artista. «Lo definiscono tormentato — ha aggiunto Colombo — ma era inquieto, geniale perché inventava non solo soggetti, ma contesti. Ha fondato con altri artisti il movimento Surfanta e ogni sua opera è un’esperienza». Come le bambole o gli «sclassaronti», animaletti con cui rappresentava, pare, le malattie infettive (negli anni ’60), ma anche gli originali studi per un San Giovanni Battista.