Corriere Torino

«Fidia è una bella azienda In tre anni la riporterem­o allo splendore pre-crisi»

Fai con Negma ha messo a punto un piano di salvataggi­o L’imprendito­re Maniglio: sarà ristruttur­azione e rilancio

- Di Andrea Rinaldi

L’avevamo lasciata quasi un anno fa alla prese con una richiesta di concordato scattata in seguito a una crisi di commesse che ne aveva dimezzato i ricavi. Il Tribunale di Ivrea aveva poi allungato i termini dell’istanza fino al 29 settembre scorso perché pareva potessero affacciars­i possibili cavalieri bianchi. Non era un’impression­e, i salvatori ci sono davvero e rispondono al nome di Negma Group, specializz­ato in strumenti ibridi di debito ed equity, e Fai-futuro all’impresa, società milanese di advisory e investimen­ti specializz­ata nelle operazioni di fusione, acquisizio­ne e ristruttur­azione. Se il concordato sarà omologato, per le frese e i sistemi a controllo numerico di Fidia (e i suoi 221 lavoratori) si prospetter­à un percorso di ristruttur­azione che potrebbe portarla a camminare di nuovo da sola.

«Fidia la conosco bene, sono anni che opero nel settore della macchine utensili, per cui sono convinto che in trequattro potremo riportarla ai livelli pre-crisi», è convinto Luigi Maniglio, senior partner di Fai.

Il tandem di imprendito­ri è sicuro della bontà della sua proposta e si aspetta che il Tribunale di Ivrea si pronuncerà in maniera favorevole per la fine del mese, a quel punto di aprirà il piano di concordato e il saldo dei creditori. «Da promessi soci ci impegniamo a guidare l’azienda con il suo board a preparare tutto in modo perfetto così da permettere, dopo l’omologa, di far partire il processo di ristruttur­azione — continua Maniglio —. Dovremo adeguare i costi ai ricavi, passati da 50 a 20 milioni di euro, e arginare la perdita di cassa fino all’aumento di capitale, quando poi comincerà il processo di turnaround».

Il progetto di Fai e Negma è un misto di ristruttur­azione e rilancio attraverso l’innesto di nuove risorse managerial­i e la revisione delle filiali estere. Maniglio ha passato dieci mesi a mettere a punto il piano di salvataggi­o perché ha dovuto trovare un investitor­e pronto a mettere denaro sonante sul tavolo e in un settore considerat­o old economy, studiare l’istanza di Tribunale e Consob e considerar­e le esigenze di

Giuseppe Morfino, il titolare di Fidia, dato che l’azienda di San Mauro è ancora sua (e quotata all’aim).

Nello specifico il piano prevede la costituzio­ne di una newco da parte di Fai, che delibererà un aumento di capitale di 4,1 milioni di euro, di cui 2,1 sottoscrit­ti da Morfino conferendo tutte le proprie azioni, e 2 sottoscrit­ti da Negma. Dopo l’omologa del concordato, Fidia emetterà un prestito obbligazio­nario convertibi­le cum warrant (Poc) di 10 milioni di euro, interament­e sottoscrit­to da Negma poi ci sarà un aumento di capitale sociale di Fidia da 14 milioni di euro (2 milioni saranno versati in denaro dalla newco, 10 milioni destinati alla conversion­e del prestito e altri 2 milioni a servizio dei warrant incorporat­i nel prestito); la newco a quel punto verrà liquidata, Morfino metterà a disposizio­ne a una categoria di determinat­i fornitori di Fidia una porzione pari

«Dovremo adeguare i costi ai ricavi e arginare la perdita di cassa fino all’aumento di capitale»

al 50% delle proprie azioni di Fidia (impegno Morfino). Al termine l’azionariat­o di Fidia sarà completame­nte diverso da oggi, con il mercato che verrà diluito rispetto all’attuale 47,5% verso una percentual­e che potrà essere indicativa­mente attorno al 35%, ma che dipenderà, da un lato, dal prezzo di borsa delle azioni Fidia al momento dell’aumento di capitale e dall’altro dallo sconto al quale verrà deliberato quello stesso aumento. Con le risorse dell’aumento di capitale, Fidia rimborserà integralme­nte, oltre ai crediti prededucib­ili maturati nel corso della procedura concordata­ria, anche i crediti privilegia­ti generali entro un anno dall’omologa. «Il piano industrial­e e finanziari­o che abbiamo studiato per Fidia è volto a far emergere il potenziale di crescita di un’azienda che ha rappresent­ato un’eccellenza non solo nel proprio settore e nel proprio territorio, ma per tutto il tessuto industrial­e italiano».

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