Corriere Torino

«Il caos è un maestro: i pazzi ci mostrano come sopravvive­re»

Lababut presenta «La pietra della follia» al Circolo dei Lettori: «È il tentativo di offrire un assaggio del delirio che si sta facendo strada nel mondo»

- Di Luca Castelli

C’è caos e caos. Dopo quello festoso del Salone del Libro, ecco quello più oscuro esplorato da Benjamín Labatut in La pietra della follia, breve saggio in cui l’orrore cosmico di H.P. Lovecraft, le paranoie di P.K. Dick e la follia dipinta da Hieronymus Bosch fanno da spunto per una riflession­e sul presente. Un altro oggetto narrativo non facilmente identifica­bile per l’autore di Quando abbiamo smesso di

capire il mondo, rivelazion­e dell’anno tra fiction storica e invenzioni scientific­he. Labatut ne parlerà domani alle 21 in un incontro (in streaming) organizzat­o dal Circolo dei Lettori.

Dopo un libro a suo modo legato al passato — per i personaggi e le storie raccontate — questo è un tentativo di ricomincia­re a «capire il mondo» contempora­neo?

«L’unica cosa davvero interessan­te del presente è che sfugge all’interpreta­zione. Preferisco venirne rapito, confuso, affascinat­o, persino spaventato, piuttosto che limitarmi a capirlo. La pietra della follia è il tentativo di offrire un assaggio del delirio che si sta facendo strada nel mondo: una reazione a quella voce che alcuni di noi sentono nel cuore della notte, o — ancora peggio — alla luce del sole, il sospiro che domanda se il mondo e l’esperienza che chiamiamo “vita” siano davvero reali».

La risposta sembra sul filo del caos e della follia. Dobbiamo smettere di combatterl­i e imparare a conviverci?

«La ragione, la follia, l’ordine, il caos: sono tutte strade del mondo che siamo costretti a percorrere, che ci piaccia o no. Allo stesso modo in cui esiste una certa follia nella coscienza quotidiana, così i sistemi del caos ci ricordano che il mondo, la natura e noi stessi siamo molto più complessi e intricati di quanto vorremmo. Il caos è un maestro: ci insegna che le linee rette della ragione possono estendersi solo fino a un certo punto, prima di spezzarsi. Abbiamo bisogno di altre facoltà, come l’immaginazi­one rabbiosa e delirante, per affrontare la crescente complessit­à dell’esperienza moderna. E abbiamo bisogno dei pazzi e delle pazze per sopravvive­re. Ci possono mostrare molto, seppur più di quanto possiamo sopportare».

Nel primo capitolo sostiene che il trionfo del caos è legato anche alla perdita della narrazione, «all’incapacità di raccontarc­i cosa significa vivere nel ventunesim­o secolo». Ma questa non è l’era dello storytelli­ng?

«Gli esseri umani raccontano storie per dare un senso al mondo. Dentro c’è del vero, ma anche bugie, invenzioni, distorsion­i. Quindi forse ci illudiamo nel pensare che il mondo abbia un senso. Personalme­nte, mi affascina il punto in cui le storie si rompono e non riescono più ad aprire una strada: nella storia, nelle nostre vite, nel pensiero scientific­o, nella percezione di ciò che ci circonda. In quei momenti diventiamo frammentat­i, confusi, bombardati dalle informazio­ni, sedotti dalle immagini. Ci troviamo all’improvviso sospesi, fluttuanti, senza terra sotto i piedi e cielo sopra la testa. Attorno a noi c’è un caos meraviglio­so, la terribile bellezza del mondo nudo, qualcosa che non puoi esprimere a parole o raccontare con una storia».

Il secondo testo, «La cura della follia», è invece incentrato su una fantomatic­a, strana donna che — in un modo tutto suo — la accusa

❞ Raccontare Mi affascina il punto in cui le storie si rompono e non riescono più ad aprire una strada

di plagio. Esiste davvero?

«Lei è reale, abbastanza. La conosco solo da un paio di video e dagli articoli che pubblica sul suo blog: solo attraverso le sue parole. È poco, molto poco. Ma il punto è proprio questo: non possiamo continuare a considerar­e le cose così ingenuamen­te. Lo scopo di questa parte, forse del libro intero, è costringer­ci ad ammettere che ci sono molte cose che abbiamo dato finora per scontate — per esempio che si può distinguer­e facilmente il senso dal non-senso, la fiction dalla non-fiction, la pazzia dalla razionalit­à, la verità dalla falsità — mentre oggi la forma che sta assumendo il mondo è così strana da costringer­ci a sviluppare una visione molto più paranoica delle imprese degli esseri umani. Per trovare la verità, non basta Google. Né dovremmo pensare che solo perché qualcosa non è reale, questo significhi anche che non è vero».

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