«Il pubblico porti a casa gli ultimi 3 minuti»
«L’auspicio è che il pubblico si porti a casa essenzialmente gli ultimi tre minuti dello spettacolo. Quando i personaggi si liberano dai segni che noi avviciniamo alla differenziazione estetica del genere. Quando cioè rimangono con la loro pelle e basta. Quando tornano a rappresentare l’essere umano nella sua fragilità e potenzialità». Fuck Me(n) è lo spettacolo che andrà in scena da oggi al 12 novembre all’off Topic scritto da Giampaolo Spinato, Massimo Sgorbani, Roberto Traverso, con l’adattamento e la regia di Liv Ferracchiati. Con Giovanni Battaglia, Emanuele Cerra, Paolo Grossi e la produzione di Evoè Teatro. Ferracchiati è appena stato al Festival delle Colline con il suo Platonov (oggi al Piccolo di Milano) ed è appena uscito con il libro Sarà solo la fine del mondo per Marsilio.
Ferracchiati, dice che ha accompagnato questa pièce…
«Ho amato il gruppo di lavoro e le drammaturgie. A livello tematico mi interessava analizzare il maschile tossico. Con gli attori abbiamo lavorato moltissimo sui testi e sull’ascolto. Era necessario trasformare tre monologhi in una forma dialogante e corale».
Sugli uomini: si possono in qualche modo identificare differenze e/o affinità tra uomini gay, cisgender, transgender…?
«No, non credo si possano individuare differenze tra le diverse varianze del genere maschile. Mi spingo a dire che, per il mio sguardo sul mondo, non trovo nemmeno particolari differenze tra uomini e donne. Non sostanziali».
Si dice spesso: gli uomini stanno male.
«Credo che a livello generale si stia attraversando un passaggio. Lentamente uomini e donne stanno prendendo consapevolezza di vivere in un sistema binario e forse avranno voglia di liberarsi da questa parziale costrizione».
Le piacerebbe portare in scena il suo romanzo?
«Il mio libro racconta una presa di consapevolezza, una composizione e scomposizione identitaria. Avverte che tutti ne attraversiamo una, per cui, sì non escludo sia possibile raccontare tutto questo anche a teatro. Di certo al cinema avrebbe una sua forza e risonanza particolari».
È di nuovo su un palco torinese dopo essere recentemente stato al Festival delle Colline. È un pubblico «pronto» il nostro?
«Non posso sbilanciarmi. Credo che siamo tutti pronti o no, dipende dalla nostra curiosità e dal coraggio di spostare il punto di vista. Spesso, guardando le cose da un’altra angolazione, si vede qualcosa che non ci si aspettava e ci si può sorprendere in positivo».