«Sistemare la libreria, il mio sogno nel cassetto»
Stefania Bertola ha pubblicato per Einaudi «Le cure della casa» Al centro una disoccupata che, grazie a un’eredità, si dedica alle pulizie
Quello che Stefania Bertola copre, quasi in punta di piedi, è uno spazio di letteratura leggera stile anglosassone. Quello che le fa ricevere messaggi gentili del genere: «Mi è piaciuto tanto leggere il suo libro. Ho trascorso un paio d’ore gradevoli». Ma come un paio d’ore? Si domanda la scrittrice che, con Einaudi, ha da poco pubblicato il suo nuovo romanzo «Le cure della casa». Nel libro la protagonista è Lilli, quarantotto anni, appena disoccupata, ma per fortuna zia Mariangela le ha lasciato un’insperata fonte di reddito. Quale momento migliore per realizzare il sogno inconfessabile di dedicarsi anima e corpo alle cure della casa?
Bertola, allora queste due ore?
«Per la scrittura la sproporzione sul lavoro è pazzesca. Appunto, un lettore ci mette due ore a leggere, io una vita a scrivere».
È una fatica?
«In realtà no, in effetti ne scrivo uno dopo l’altro ma forse dipende dal fatto che i miei libri non sono proprio tomoni. È una cosa che mi viene molto naturale fare, tutto il processo narrativo si catapulta nelle dita. È come se qualcun altro avesse compiuto l’elaborazione al posto mio. Le cose che vedo, la musica che ascolto, la gente che incontro. Tutto si centrifuga insieme come in una lavatrice».
E poi?
«Poi praticamente non riesco più a parlarne. Nelle presentazioni mi sento impedita, mi pare di dire solo stupidaggini».
Nel suo ultimo romanzo Lilli, la protagonista, perde il lavoro a 48 anni e grazie a un’eredità decide di non lavorare più e occuparsi di ciò che realmente le piace: le pulizie di casa.
«Come per tutti i libri c’è anche una parte mia. A me piace molto occuparmi della casa. È un rimpianto costante quello di non avere tempo per farlo. Lavoro sempre tanto, soprattutto come traduttrice, ho i figli, i nipoti. Sogno di potermi mettere lì e riordinare la libreria, non solo spostare i volumi che è una finta pulizia. E poi ci sono cose, come mettere le mani della biancheria, che secondo me puoi fare solo da te. E stirare. Mi piace più di tutto».
Proprio stirare: la cosa più odiata dagli italiani?
«Prima c’era una persona che mi aiutava nelle faccende, ora non più, e anche in quel caso stiravo io. Perché posso vedere la televisione in pace, in particolare le serie tv che non ho mai tempo per guardare. Riordinare mi piace se mi ci posso applicare con calma e non mi capita mai. Il mio sogno è non lavorare più».
Neppure più scrivere romanzi?
«Non lo considero un lavoro. Non nei termini che mi toglie qualcosa per me».
Lilli si prende il lusso di fare ciò che le piace.
«Sì. E tutti la criticano. Il marito, che le dice ma come rinunci alla tua vita. Perché oggi lavorare è vivere ed è assurdo. La madre, vecchia femminista, che le porta libri impegnati che lei accetta e poi mette da parte per tornare ai suoi gialli».
Insomma, ha imparato a vivere?
«È libera senza essere rivoluzionaria. Non si oppone alle cose, le aggira».
E poi c’è il filone del mistero.
«Le torna in mente Noemi, la bimba con cui giocava col fornetto. La cerca, su Facebook e tra gli amici, e non la trova. Così comincia a fare da segugio. E va fino a Milano…».
Introspezione
«Come per tutti i libri c’è anche una parte mia, a me piace molto occuparmi della casa»
Lavoro
«Scrivo un libro dopo l’altro ma dipende dal fatto che non sono proprio tomoni»