Alla Reggia, toccando il cielo con Tony Cragg
«Ricordo quando, mesi fa, Tony Cragg è venuto alla Reggia di Venaria guidando la sua Range Rover. Ha girato per i giardini e ha ammirato gli interni. Ne è rimasto entusiasta e ha deciso che sì, avrebbe fatto una mostra qui da noi». Così il direttore Guido Curto ha annunciato la mostra del grande artista britannico (nato a Liverpool nel 1949 ma residente dal ’77 a Wuppertal, in Germania), una delle più grandi star dell’arte contemporanea e vincitore nel 1988 del Turner Prize. In assenza del protagonista a causa dello sciopero dei voli, si è dunque inaugurata Tony Cragg alla Reggia di Venaria (fino all’8 gennaio a cura di Curto). La mostra, prodotta in collaborazione con l’artista stesso, la galleria Tucci Russo e lo Skulpturenpark Waldreieden di Wuppertal, è monumentale nonostante ci siano «solo» 10 sculture posizionate nella Corte d’onore, nel Gran Parterre e nella Citroniera (queste ultime in legno), tutte di grandi dimensioni, e che sembrano essere state immaginate proprio per questi luoghi nonostante siano state prodotte in un arco di tempo di circa 25 anni. La scelta di una mostra di Tony Cragg è di grande raffinatezza, così come lo sono le sue opere che vanno ad aggiungersi, nei grandiosi giardini, a quelle di
Giuseppe Penone (immaginifico e inarrivabile), di Giovanni Anselmo (recentemente restaurata al suo originario splendore) e in attesa del ritorno dell’igloo di Mario Merz attualmente in prestito ai Giardini Reali. E se l’opera di Anselmo si intitola Dove le stelle si avvicinano di una spanna in più (2001-2013), bisogna ammettere che quelle di Tony Cragg sono veramente protese verso il cielo. Forme in evoluzione verticale e orizzontale tipicamente sue, che il pubblico torinese ha imparato a conoscere e amare sin da quando, nel lontano 2006, si inaugurarono i suoi torreggianti Punti di Vista (grazie alla Fondazione De Fornaris) davanti allo Stadio Olimpico in occasione dei Giochi Invernali. E a Venaria il suo enorme Runner in bronzo (4,20 metri d’altezza, con un peso di più di 400 chilogrammi e arrivato in Tir) sembra vivere in un perenne e precario equilibrio, come l’immagine di un corridore «del quale conosciamo soltanto il momento della partenza e quello dell’arrivo» affermano i galleristi Lisa e Tucci Russo. «Ecco, le sue opere spiegano proprio quell’evoluzione tra due punti conosciuti e il solo guardarle rende felici». Un’evoluzione che si può soltanto immaginare ma che Tony Cragg sa narrare in modo unico. «La nostra prima mostra con lui risale al 1984», raccontano ancora, «e questa collaborazione di quasi 40 anni è stata un’esperienza indimenticabile».