La grande tempra di chef Milone
Quattordici imprenditrici vinicole di Monforte d’alba hanno creato una nuova associazione con lo scopo di riciclare e utilizzare gli scarti di lavorazione del vino. Una coltivazione e una produzione sostenibile, tutta al femminile, chiamata «L’anello Forte», dal titolo del libro di Nuto Revelli, partigiano cuneese e scrittore, che ha raccontato la campagna del Piemonte durante il dopoguerra tramite la voce delle donne. Pubblicato da Einaudi a metà degli anni 80, ne è stato concesso l’utilizzo dal figlio Marco e dall’editore.
Questa è una settimana triste: come riportato da queste pagine, lunedì lo chef pinerolese Christian Milone ha avuto un grave incidente in bicicletta ed è stato trasporto al CTO in fin di vita. Nel corso dei giorni successivi è stato messo in coma farmacologico e un intervento dopo l’altro la situazione è parsa lievemente migliorare, ma è troppo presto per essere ottimisti, la sua salute rimane gravemente compromessa. L’unico fatto che può dare speranza è che Christian – per come lo conosciamo noi tutti che amiamo i ristoranti piemontesi e la buona cucina – è un uomo fuori dall’ordinario, di grande forza. In tanti anni di frequentazione l’ho sempre considerato una persona che non ha paura di osare, di andare oltre, di rischiare. L’ha fatto da giovane chef, quando ha preso la trattoria di famiglia e nel 2006 vi ha innestato la sua “gastronavicella”, uno spazio di sperimentazione ardita, e infatti piaceva al più ardito e irriverente gourmet italiano, Bob Noto. L’ha fatto in
imprese gastronomiche che pochi piemontesi avrebbero osato: ricordo il progetto di quasi dieci anni fa al Boscolo Hotel a Milano, in compagnia del talento campano Giuseppe Iannotti; il “Crom by Christian Milone” a Taipei, a Taiwan e consulenze in ogni angolo del mondo. E poi tante attività qui in Piemonte: oltre ad aver perfezionato la trasformazione degli Zappatori fino a raggiungere la stella Michelin nel 2016, voglio ricordare almeno quell’esperimento audace e bello che fu l’hafa Storie, patronne Milli Paglieri, in cui si incrociavano cucina piemontese e marocchina, e l’amata Madama Piola aperta pochi anni fa in San Salvario (quegli agnolotti!) per poi raddoppiare a Cherasco in questo 2022; infine Ca’ Del Profeta, con Diego Dequi a Montaldo Scarampi. L’elenco sembra lungo, ma non è che la punta dell’iceberg delle iniziative intraprese da Christian in quasi vent’anni di attività, ché l’uomo è tosto, pieno di talento e voglia di fare. Se volete un riassunto delle puntate precedenti, consiglio certamente “Odio cucinare”, il bel libro che pubblicò per Mondadori nel 2013 sotto l’egida della super editor torinese Enrica Melossi (madrina letteraria anche dello scrivente). Quel titolo diceva tanto di Christian: la sua ruvidezza, il suo essere diretto, il suo coltivare altre passioni al di fuori del ristorante. E la sua tempra, mentale e fisica. Quella tempra che oggi è messa a durissima prova. Christian, tutte le persone che ti vogliono bene sono qui che aspettano il tuo prossimo progetto. E il tuo squisito vitello tonnato, l’unico davvero nuovo.