«Quei giovani sono impigriti dal sussidio» Ecco i ragazzi del reddito di cittadinanza
«Igiovani non hanno voglia di lavorare»; «preferiscono stare a casa con il reddito di cittadinanza»; «abbiamo cresciuto una generazione di bamboccioni». Negli ultimi mesi molti imprenditori del Paese si sono susseguiti nei salotti televisivi per lamentarsi dei 20enni e 30enni, «colpevoli» di non volersi sporcare le mani impegnandosi nel lavoro. Una lettura della realtà che si poggia anche sul mito dei giovani mammoni. Forse perché l’età media in cui i torinesi lasciano la casa dei genitori è 30,2 anni. Per capirci: in Francia è 24 anni, in Germania 23,8. Senza arrivare ai 17,5 in Svezia. Pigrizia generazionale? O ennesimo indicatore economico che descrive un modello insostenibile?
«Igiovani non hanno voglia di lavorare»; «preferiscono stare a casa con il reddito di cittadinanza»; «abbiamo cresciuto una generazione di bamboccioni». Negli ultimi mesi molti imprenditori del Paese si sono susseguiti nei salotti televisivi per lamentarsi dei 20enni e 30enni, «colpevoli» di non volersi sporcare le mani impegnandosi nel lavoro. Una lettura della realtà che si poggia anche sul mito dei giovani mammoni. Forse perché l’età media in cui i torinesi lasciano la casa dei genitori è 30,2 anni. Per capirci: in Francia è 24 anni, in Germania 23,8. Senza arrivare ai 17,5 in Svezia. Pigrizia generazionale? O ennesimo indicatore economico che descrive un modello insostenibile? In Piemonte il tasso di occupazione dei ragazzi tra i 18 e i 34 anni è pari al 47%, meno della metà, e si aggrava se si prende in considerazione solo il capoluogo (46%, -0,7% sul 2019). I dati poi non tengono conto del precariato. Per intenderci, chi fa il rider e guadagna 600 euro al mese rientra nella casistica dei fortunati (il 47%). Il problema della disoccupazione inoltre, in base ai dati delle associazioni del terzo settore, colpisce soprattutto i giovani delle periferie, i disabili, le donne, i migranti. Un aspetto che sembra mettere in dubbio il mito delle pari opportunità. La politica non pare riuscire ad affrontare il fenomeno in modo sistematico, ma sembra quasi rifugiarsi dietro l’idea che i giovani siano pigri e il RDC sia un rinforzo negativo. In Piemonte il 4,68% dei giovani (18-30 anni) percepisce il sussidio, la percentuale più alta di tutte le regioni del Nord. Il restante 48,32% dei giovani disoccupati infatti lavora in nero, arricchisce il curriculum o non trova un impiego stabile.
Senza contare che chi ottiene il RDC non fa la bella vita. E se il minimo sindacale per tirare avanti si trasforma in uno strumento di resistenza, un mezzo che dà ai giovani un minimo di potere contrattuale, forse il problema è un altro.
Analizzando i dati di Confartigianato si scopre inoltre
Il primato In Piemonte il 4,68% dei giovani ha il sussidio, la percentuale più alta nel Nord
che l’italia è il Paese europeo con il maggior numero di imprenditori autonomi under 35. E il Piemonte, con 12.265 imprese, si colloca al secondo posto della classifica nazionale. Tradotto i giovani preferiscono mettersi in proprio piuttosto che sottostare a condizioni al limite della legalità. «Offro 1.500 al mese, ma nessuno vuole fare il cameriere» si legge nelle interviste. Ma chissà per quante ore al giorno, con quali diritti, con che tipo di contratto. Se non si trova manodopera forse basterebbe pagarla di più.
Pare una lotta di classe: ricchi contro poveri. Una sorta di cortocircuito sociale in cui alla fine l’idea che i giovani siano quelli del «voglio tutto e subito» appare come un semplificazione eccessiva.
Un mercato in cui l’etica del lavoro si confonde con la disponibilità a farsi sfruttare con stage e tirocini non retribuiti e paghe da fame. Una soluzione sarà allora il salario minimo (12 euro l’ora in Germania), nonostante il «niet» delle associazioni datoriali?
Il lavoro è dignità e futuro, ma per i giovani oggi non è così. Meglio allora — forse pensa qualcuno — far saltare il sistema (astenendosi) piuttosto che esserne vittima.
Famiglia
«I miei genitori erano poveri, ma alla fine qualcosa sono riusciti a costruire»