Corriere Torino

Luisa: «Lavoro da 10 anni e non ho un euro da parte»

«Ho fatto di tutto, a 29 anni sono rassegnata a una vita senza futuro»

- N. F. L. Z.

«Imiei genitori sono nati in una condizione di povertà assoluta, dove ci si poteva permettere solo di mettere il piatto in tavola. Mio padre dopo la terza media lavorava sui tetti, mia madre invece ha concluso gli studi con il diploma ed è stata subito assunta da un notaio con un contratto a tempo indetermin­ato. Hanno sudato, fatto rinunce, ma a 25 anni avevano due figli e una casa di proprietà. Nessuno gli ha regalato nulla, anzi. Ma a quei tempi gli ascensori sociali erano attivi, la vita meno cara, e se decidevi di impegnarti con tempo e sacrifici raggiungev­i i tuoi obiettivi. Oggi invece mancano le possibilit­à, anche con la laurea. E la voglia di farcela viene intercetta­ta da esercenti pronti a sfruttarti per il bene della loro azienda. Ti arrabatti in lavori umili, dai tutto, ma a fine mese con 900 euro non puoi fare nulla. Paghi l’affitto e la spesa. Ormai mi sono rassegnata a una vita senza futuro, sono appesa al nulla». Comincia così la storia di Luisa, 29 anni, che non può esporsi perché teme ritorsioni sul lavoro. La ricostruzi­one dei suoi ultimi 10 anni — sempre lavorando ma senza mai trovare una pace economica — è un paradigma per tante altre biografie dei cosiddetti working poor, lavoratori che vivono al limite della sussistenz­a dibattendo­si tra contratti fragili e redditi bassi. «Da quando ho 18 anni faccio qualsiasi tipo di lavoro — racconta — per di più nel mondo della ristorazio­ne, con esperienze negative. Ho lavorato in nero, sono stata insultata da capi nevrotici, riempita di false promesse su contratti indetermin­ati, ho ricevuto stipendi tre mesi in ritardo. All’inizio

pensi di essere sfortunata, poi capisci che è la regola. Tanto se rinunci si trova subito un altro giovane da sfruttare». Luisa ha tentato di farsi strada in altri settori, dalla commessa all’animatrice, ma è cambiato poco: «Gli stipendi non superano i 5 euro l’ora, e quando sei una ragazza la prima discrimina­nte è la bellezza. Se sei carina ti prendono, ma devi rispondere in maniera simpatica alle avance dei superiori. Altrimenti iniziano a darti le mansioni peggiori e ti trattano male. È successo a tante amiche». E il futuro resta un’incognita: «Ogni anno rimandi i progetti, pian piano capisci che non potrai mai realizzarl­i. In 10 anni non sono riuscita a mettere un euro da parte. Il mio sogno è diventare madre, ma senza tutele e col mio stipendio è impossibil­e».

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