«L’avvocato futuro» per Gianaria e Mittone
Aun certo punto, tra «rivoluzione del diritto digitale» e «intelligenza artificiale», sembra di stare tra le pagine di Minority report, di Philip K. Dick: «È uno scenario ricco di incertezze, in bilico tra l’essere umano, centro insostituibile del processo, e l’oggettivazione della tecnologia. In esso dovrà avventurarsi la nuova figura dell’avvocato ibrido». Se l’avvocato, scrissero a suo tempo gli autori, è quanto meno «necessario», ora Fulvio Gianaria e Alberto Mittone — legali torinesi, of course — tornano in questo piccolo saggio edito da Einaudi, per ragionare e far riflettere su cosa sarà «L’avvocato nel futuro». Una professione profondamente cambiata, «nella relazione con i clienti, nella natura degli spazi fisici della giustizia e nella ritualità del processo. Ma anche nel reperimento delle fonti e dei casi. E infine nel suo rapporto con le nuove tecnologie». Del volume parleranno gli autori al Circolo dei lettori, giovedì prossimo a partire dalle 18. Un incontro su «prospettive, dilemmi e opportunità di una professione necessaria».
Più che soluzioni, aspettatevi ragionamenti, e riferimenti, spesso dotti, e qualche speranza: «La sfida che attende i futuri avvocati — scrivono — sarà mantenere fede» ai principi, «anche in un sistema eventuale nel quale le macchine senza volto si insinueranno nelle forme della giurisdizione. Una professione da sempre impegnata a evitare che i processi si traducano in parodia burocratica della realtà dovrà dimostrarsi capace di evitare che si trasformino in parodia tecnologica del reale». Da buoni legali, pure in un breve saggio, risultano ben curate le note bibliografiche, con riferimenti precisi per citazioni e fonti. In un’epoca di copia e incolla (anche nel giornalismo), non è cosa da poco.