Torino, la ricetta di Ciani
Il nuovo coach di Reale Mutua usa il modello serie A «Rosa ampia, difesa e lo spirito di Teodosic o Belinelli»
C’è una missione possibile: fare di Basket Torino una solida realtà. E c’è un nuovo coach con la sua forza calma: Franco Ciani, l’uomo che con Agrigento contese alla Pms la promozione in A, il tecnico che si è fatto strada nel grande basket senza aver mai potuto fare un palleggio. «La disabilità? Sinceramente, ho conosciuto l’ignoranza in una percentuale molto più bassa di quanto potessi pensare. E questo testimonia il livello del nostro movimento, in generale un po’ più elevato. Per il resto, in trasferta vengo trattato come tutti gli allenatori rivali. Dopo trent’anni di professionismo si sono abituati alla mia presenza. Poi, gli stereotipi li trovi dappertutto».
Coach, a che punto è con la conoscenza di Torino?
«Devo ancora fare i conti con il traffico per spostarmi da un posto all’altro, ho fatto un giro per i campi che utilizziamo e ho visto solo le cose istituzionali. Tra riunioni e valutazioni, il primo impatto è stato poco turistico. Approfitterò di agosto quando le metropoli sono più vuote».
Ora è rientrato nella sua Udine?
«Dovevo finire il trasloco da Trieste, sarò di nuovo a Torino tra una settimana».
Assieme alla sua famiglia?
«Mia moglie lavora a Udine, viaggerò io su e giù nei giorni in cui potrò. Loro verranno per vedere qualche partita. Era più facile da Udine a Trieste, ma nei miei otto anni in Sicilia è stato peggio».
Sportivamente il progetto è: portare sorrisi?
«Le aspettative sono alte, dovremo essere piacevoli e credibili, far vedere un’identità tecnica ma anche emotiva, diciamo morale, che credo altrettanto importante perché la gente possa affezionarsi a un progetto e al gruppo che lavora. Non è banale, dovendo assemblare un roster nuovo, ci vuole tempo. Ma questo target è il mezzo con cui speriamo di essere competitivi».
Che cosa ha capito di Basket Torino delle scorse stagioni?
«Qualcosa ho seguito, anche se non è come ciò che osservi da dentro. Il colloquio costante con Nicolai e D’orta mi aiuterà. Sono cambiate anche due gestioni tecniche e c’è da considerare un po’ di tutto».
Torino resta una piazza di basket con un potenziale inespresso.
«È normale nelle città in cui calcio è un fattore così straordinariamente trainante. Dobbiamo essere bravi a farci trovare non come competitor, ma lavorando negli spazi che restano per collegare la passione: in modo che anche il tifoso di calcio possa guardarci con più interesse».
Su quali giocatori si basa la ricostruzione?
«De Vico è la certezza, è ufficiale. L’unica di cui possiamo parlare. Ora ci sono valutazioni sia su un assetto di squadra più vicino al mio pensiero, sia su quello con i giocatori del vecchio gruppo, compatibili non solo dal punto di vista tecnico».
Incontrerete Alibegovic?
«Sì, ma non mi piace l’idea di un colloquio generico. Ho la triste abitudine per cui quello che si dice poi è quasi un contratto. Quindi preferisco prima avere un quadro più preciso, il mercato al momento non è così scoppiettante».
Chi state cercando?
«Raccogliamo le informazioni dei profili giusti in gruppi ristretti di nomi, non venti alternative per ruolo, ma scelte mirate in base alla tendenza che il mercato esprime».
Stiamo vedendo le finali scudetto Milano-bologna: qual è il dettaglio a cui Torino può ispirarsi?
«È un discorso di mentalità e lavoro, di impegno del professionista ai massimi livelli e della squadra che fa altrettanto. In ogni campionato c’è questa riproposizione. L’aspetto dell’approccio mentale e della serietà non dipende dalla categoria. E certi valori li ho visti anche in Veronaudine di A2, nonostante la stanchezza. Tutte squadre che subiscono pochi punti. Se non hai interpreti di livello assoluto, il basket champagne lascia il tempo che trova. La quadratura difensiva è il trait d’union tra le finaliste dei playoff».
E ogni giocatore che entra, mette valore aggiunto.
«Esatto, è il presupposto delle squadre ad alto tasso tecnico: Teodosic o Belinelli, dal grandissimo curriculum, sanno che partendo dalla panchina devono e riescono ad essere importanti».
È stato il problema principale di Torino: avrete un roster più profondo?
«Sicuramente».
Impressioni da staff e dirigenza?
«Persone appassionate, con competenze notevoli e una bellissima organizzazione. Mi piace l’idea della condivisione del lavoro d’equipe, che è un po’ il mantra del club e soprattutto della proprietà. La fusione delle idee porta a fare meglio».
Ha già visitato l’agenzia aerospaziale Argotec del presidente Avino?
«Non ancora, ma ho deciso che se voglio fare l’astronauta devo cambiare subito dieta».
Mia moglie lavora a Udine, viaggerò io quando potrò E scoprirò la mia nuova città in agosto
❞ La Argotec? Se voglio fare l’astronauta devo cambiare subito dieta
❞ Disabilità? Ho visto ignoranza in una percentuale più bassa di quanto potessi pensare
❞ Dovremo essere piacevoli e credibili, far vedere un’identità tecnica ma pure morale