Corriere Torino

Il recente saggio di Tedeschini Lalli rivela la storia di Karl Hass, maggiore delle SS che recitò per l’ignaro cineasta torinese E non fu un caso isolato

- Di Alessandro Chetta

«L’ironia di Dio» ricamò Borges quando, ormai cieco, coronò il sogno di diventare direttore della Biblioteca Nacional a Buenos Aires. Ma il sarcasmo, diabolico più che celeste, può anche manifestar­si in forma di barzellett­a amara tipo «il colmo per un partigiano». Ce ne dà prova la vicenda del torinese Aldo Scavarda, scomparso alcuni anni fa, uomo di cinema e combattent­e della Resistenza, binomio felicement­e ricorsivo (Sergio Amidei, Rodolfo Sonego e tanti altri). In sintesi: nel ‘75 Scavarda, già noto come direttore della fotografia per Michelange­lo Antonioni (L’avventura), girò un lungometra­ggio affidando a sua insaputa la parte di un ufficiale tedesco a un nazista vero, che per strani giri sin dagli anni Cinquanta era finito a Cinecittà. Il film è La linea del fiume eil maggiore delle SS in questione si chiamava Karl Hass; non un graduato qualunque: sotto Kappler, fu uno dei responsabi­li della più efferata rappresagl­ia hitleriana in Europa, la strage delle Fosse Ardeatine a Roma, 335 morti ammazzati. Dunque, la nemesi beffarda: un SS nella parte di se stesso condivise il set di un piemontese che fu partigiano della Brigata Vanni, in contatto col gruppo in cui militò per poco Primo Levi, e che nel febbraio del ‘44 venne torturato nella caserma di via Asti a Torino.

L’ex nazista spillò alla produzione anche una profumata paga: 240 mila lire, non pochi quattrini per un figurante attivo in una sola posa. A tirar fuori dall’ignoto questa storia è stato Mario Tedeschini Lalli nel recente saggio dal titolo plastico corso della guerra, strizzato nella divisa del Reich non in quella posticcia fornita dal costumista Andrea Zani. «Purtroppo ricordo ben poco de La linea del fiume, anche se fu l’unico che Aldo girò da regista — afferma la vedova, Franca Amoroso Scavarda — Conservo tutte le carte della sua carriera, lavorò con successo per Antonioni, Comencini, Bertolucci». E se lui, comunista, sottoposto dai nazifascis­ti alla «gondola di Stalin», appeso a un palo orizzontal­e per mani e piedi, se avesse saputo della presenza sul suo set di un aguzzino delle Fosse Ardeatine cos’avrebbe fatto? Al what if non può esserci risposta oltre il chissà, però la signora Scavarda non vuole lasciarci a mani vuote: «Aldo aveva un carattere dolce, per nulla attaccabri­ghe e forse, ipotizzo, avrebbe lasciato correre, gli premeva terminare il film innanzitut­to».

Il cortocircu­ito non riguarderà

Torturato in via Asti, scritturò senza saperlo uno dei responsabi­li delle Fosse Ardeatine

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Aldo Scavarda è nato a Torino nel ‘23 dove è morto alcuni anni fa
La scheda Aldo Scavarda è nato a Torino nel ‘23 dove è morto alcuni anni fa

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