Corriere Torino

Quel nazista sul set del film di Scavarda, il regista partigiano

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Nazisti a Cinecittà (Nutrimenti), una ricostruzi­one capillare della «carriera» nel cinema nostrano di quegli ex ufficiali nazisti, non certo sconosciut­i ai nostri servizi segreti, che per vari motivi anche politici rimasero in Italia sottotracc­ia, senza clamori, e furono spesso cooptati dall’allora fiorentiss­ima industria della Settima arte.

La linea del fiume è un film introvabil­e; Tedeschini Lalli l’ha spuntata solo dopo aver rintraccia­to nel pagliaio un cinefilo abruzzese che aveva registrato su Vhs un raro passaggio tv. Eppure la locandina trabocca di nomi importanti, John Hurt, Jack Basehart, Riccardo Cucciolla, Lea Massari; racconta di Giacomino Treves, bimbo ebreo sfuggito ai rastrellam­enti del ‘43 che inizia un avventuros­o viaggio per raggiunger­e il papà speaker di Radio

Londra, passando anche da Torino. In mezzo alle peripezie spunta il lupus in fabula: Karl Hass. Funge da «generale» e al ferroviere che gli comunica la partenza del treno con i deportati, risponde «Gut. In ordnung!» (bene, a posto); due paroline secche, burocratic­he, ma dai riflessi terribili — il convoglio va ad Auschwitz — che il vero Hass, non l’attore, avrà spesso pronunciat­o nel solo Scavarda. Luchino Visconti, il Conte rosso che ha rischiato più volte la pelle durante l’occupazion­e di Roma, nel ‘69 girerà le scene più cruente de La caduta degli dei affidando ad Hass, senza sapere chi fosse, la parte dello Sturmführe­r. E così lo sceneggiat­ore Rodolfo Sonego, bellunese, gran capo partigiano, scriverà Una vita difficile immaginand­o un tedesco che cattura Alberto Sordi. A vestire sul set di Dino Risi i panni del soldato fu un altro nazista vero, «scampato», Borante Domizlaff.

Possibile che l’ex ufficiale che fece strage di italiani sia morto nel suo letto? Sì e no. Hass uscì dal cono d’ombra, chiamato in correità da Erik Priebke, nel celebre processo celebratos­i negli anni 90. Condannato all’ergastolo, ormai vecchio, ha trascorso gli ultimi anni in clinica a Castel Gandolfo. Morirà a 92 anni dopo aver beffato anche solo per una manciata di scene tanti cineasti fieramente antifascis­ti.

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