Nella città disegnata da Jaretti e Luzi
Da Palazzo dell’obelisco alla Casa degli Specchi: un convegno, una mostra e tour guidati per riscoprire i due grandi architetti torinesi
Tra i protagonisti della Torino del secondo dopoguerra, Jaretti e Luzi sono sicuramente tra i più originali, capaci di imprimere una visione e un linguaggio singolari tanto alle proprie architetture quanto a oggetti di design, al mondo della ricerca e della didattica. Chi non riconosce il fascino inconsueto di un’icona dell’architettura cittadina come la Casa dell’obelisco di piazza Crimea, tra i più ammirati esiti del Neoliberty tutto torinese del dopoguerra (e oggetto di accesi dibattiti sulle riviste nazionali e internazionali)? Ma la città è costellata di edifici grandi e piccoli firmati dalla coppia di architetti a partire dagli anni Cinquanta: dalle torri pluripiano (in corso unione Sovietica e in piazza Pitagora, ad esempio) agli edifici residenziali signorili (a San Salvario e in precollina), fino alle ville unifamiliari. Al sodalizio professionale tra Sergio Jaretti (1928-2017) ed Elio Luzi (19272006) la loro città dedica — da domani al 19 giugno — l’appuntamento torinese dell’evento «Architetti senza tempo», nato dalla collaborazione tra Open House Italia e la Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura: approfondimenti, visite, itinerari, mostre e talk, per rendere omaggio a cinque architetti rappresentativi delle quattro principali città italiane (a Milano, Roma e Napoli i protagonisti sono, rispettivamente, Gae Aulenti, Luigi Moretti e Stefania Filo Speziale).
Il «focus» su Jaretti e Luzi prende il via domani, al Castello del Valentino (sede della Facoltà di Architettura in cui Luzi ha insegnato a lungo, amatissimo dagli studenti), con la conferenza Jaretti e Luzi, un abitare contemporaneo (ore 17.30) seguita dall’inaugurazione della mostra Un esordio in grande stile. Il Palazzo dell’obelisco, 1954-1959 (fino al 30 giugno, a cura di Maria Luisa Barelli e Davide Rolfo, autori nel 2018 di una bella monografia sull’edificio, pubblicata dall’editore Gangemi). Sono esposti schizzi e disegni originali delle due successive versioni del progetto (il primo «ispirato» a
Wright, il secondo a Gaudí), insieme a fotografie, libri e documenti, con l’obiettivo, spiegano i curatori, di «accompagnare il visitatore “dentro” l’edificio che fu la loro opera d’esordio, e tuttora è il loro progetto più riconosciuto, anche a livello internazionale».
Ma il modo ideale per scoprire i loro edifici è, ovviamente, quello di ammirarli dal vivo. Due appositi itinerari (sabato e domenica) sono intitolati rispettivamente Oltre il fiume e Nella città compatta. Il primo consente di scoprire le residenze realizzate in Borgo Crimea, ai piedi della collina: oltre alla Casa dell’obelisco di piazza Crimea (inizio dell’itinerario), si può visitare il complesso residenziale in via Curtatone all’angolo con corso Moncalieri. Il secondo itinerario si snoda tra alcune delle residenze realizzate negli anni 60 nel quartiere di San Salvario: partenza dalla cosiddetta Casa degli Specchi (1960-62) di via Saluzzo 86-88, caratterizzata da facciate articolatissime di mattoni paramano e suggestivi spazi interni, e arrivo nel residence di via Ormea 167 (1967-70), retto su esili pilastrini.
Molti altri edifici sono invece visitabili singolarmente. Imperdibili le residenze «sorelle» dei due architetti in via Borgofranco (1954-59, visite a cura della Fondazione Luzi
Architettura), con relativo edificio comune destinato a studio professionale, aperte da ampie vetrate in contrasto con i muri di mattoni paramano (anche in questo caso posati «di quarto», secondo una soluzione originalissima che consente di ottenere, portando alla vista l’incavo destinato ad accogliere la malta, raffinati effetti chiaroscurali). A Chieri, da non mancare è la Casa Manolino (1955-56, via Roma 18), prima collaborazione con l’impresa Manolino, destinata a segnare gran parte della successiva attività professionale di Jaretti e Luzi.