Corriere Torino

«Così non schwa: l’inclusivit­à non può essere solo per pochi»

Al Circolo Risorgimen­to il linguista torinese Andrea De Benedetti stasera presenta il suo dibattuto saggio su «limiti ed eccessi del linguaggio inclusivo»

- Francesca Angeleri

«Il cammino verso il linguaggio inclusivo è lastricato di buone intenzioni. Ma non di rado conduce anch’esso all’inferno», comincia così il saggio di Andrea De Benedetti Così non schwa. Limiti ed eccessi del linguaggio inclusivo (pubblicato da Einaudi) che l’autore presenta oggi alle 19 al Circolo Risorgimen­to con Monica Bardi. De Benedetti è scrittore e professore (dopo l’università di Granada, insegna Lettere al Liceo europeo Vittoria di Torino e collabora con l’academy della Scuola Holden). Uscito a fine maggio, il libro ha scatenato non poche discussion­i in un momento di grande attenzione e riflession­e sull’inclusivit­à del linguaggio.

De Benedetti, il succo del suo libro, sostanzial­mente, è la non inclusivit­à dello schwa. Questa tesi come la colloca?

«Il problema sta nell’impossibil­ità di dibattere pacatament­e. E non da maschio, bianco e privilegia­to, ma da semplice cittadino e, nel mio caso, da linguista. Ciò non significa che io non sia aperto, sostengo assolutame­nte tutte le declinazio­ni femminili che la lingua italiana permette. Non significa che io sia nemico delle minoranze, anzi, o che sia anti femminista o contrario ai diritti civili. Esporsi equivale a venire stigmatizz­ati».

Perché lo schwa non è, a suo avviso, inclusivo?

«La sua adozione sistematic­a implichere­bbe il ripristino di un terzo genere grammatica­le neutro. È una faccenda complicata perché oltre a includere nomi e aggettivi, articoli e pronomi, participi verbali e preposizio­ni articolate, teniamo presente che la desinenza del genere, in italiano, è la stessa anche dei numeri. La nostra lingua deriva dal latino e ha subito un processo di semplifica­zione avvenuta per mano dei parlanti. Il ripristino di un terzo genere complicher­ebbe in particolar modo la situazione dei parlanti stranieri. Studi dimostrano che l’acquisizio­ne del genere grammatica­le sia lo scoglio maggiore per circa sei milioni di persone che vivono in questo Paese. Ne limita fortemente l’accesso. Pensiamo anche alle tante famiglie svantaggia­te che hanno già molti problemi con la lingua corretta, agli anziani. La mia è una visione politica oltre che linguistic­a».

Resta il fatto che il tema è molto sentito e vanno cercate delle soluzioni. La sua?

«È altrettant­o impopolare: il maschile non marcato. Quel “Ciao a tutti” che diciamo entrati in una stanza include appunto tutti, donne e uomini e persone non binarie. Il processo di semplifica­zione della lingua italiana ha fatto sì che ci sia il maschile non marcato non per questioni di privilegio. Se non agli albori».

Forse se invece di una società patriarcal­e ne avessimo avuta una matriarcal­e, oggi avremmo il femminile non marcato.

«Onestament­e, non c’è alcuna correlazio­ne tra l’uso della forma maschile non marcata e il ruolo e la visibilità delle donne nella società. Ci sono diverse lingue dove non c’è il maschile non marcato, penso al turco, dove la dissimmetr­ia di genere non esiste nella lingua ma assai invece nel vissuto. Ancora, penso alla profession­e del medico, una tra le più difficili, per l’uso comune, da declinare al femminile. Medica non si usa praticamen­te mai. Eppure oggi le donne hanno ampiamente superato gli uomini, sono il 54 per cento mi pare contro il 46».

La o lo schwa?

«A dibattere si parte proprio da qui: al maschile si intende, quale è per ora, il suono. Al femminile lo usa chi rivendica il fatto che prima o poi venga considerat­a una lettera a tutti gli effetti».

Lo adotteremo sì o no?

«A mio avviso prenderà piede tra i parlanti solo con delle forzature e mi preoccupa molto. La lingua funziona secondo criteri di maggioranz­a. Una parola entra nel vocabolari­o se viene usata da molti. La lingua non è un diritto individual­e, è una cosa di tutti e da tutti deve essere messa al vaglio».

❞ La tesi Sono aperto a tutte le declinazio­ni femminili che la lingua italiana permette Ma non al genere neutro

❞ La riflession­e La mia è una visione politica oltre che linguistic­a Pensiamo agli stranieri, famiglie disagiate e anziani

 ?? ?? Linguaggio inclusivo
Il saggio di De Benedetti va controcorr­ente e nega l’inclusivit­à dello schwa
Linguaggio inclusivo Il saggio di De Benedetti va controcorr­ente e nega l’inclusivit­à dello schwa

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