Nelle risaie semina a secco sparisce il «mare a quadretti»
Settore con 4 mila aziende. E c’è chi cambia coltura
Con le risaie senza acqua il mare a quadretti piemontese rischia di rimanere asciutto. Riso amaro per gli agricoltori di Vercelli, Biella e Novara preoccupati dalla siccità. Quella che si sta vivendo, secondo i dati distribuiti da Arpa e Ente Risi è la più grave crisi idrica degli ultimi 70 anni che rischia di compromettere il più importante distretto risicolo d’europa capace di produrre circa il 90% del riso italiano. Circa 4 mila le aziende del cereale che assicurano il reddito di oltre 10 mila famiglie.
Con le risaie senza acqua il mare a quadretti piemontese rischia di rimanere asciutto. Riso amaro per gli agricoltori di Vercelli, Biella e Novara preoccupati dalla siccità.
Quella che si sta vivendo, secondo i dati distribuiti da Arpa e Ente Risi è la più grave crisi idrica degli ultimi 70 anni che rischia di compromettere il più importante distretto risicolo d’europa capace di produrre circa il 90% del riso italiano.
Circa 4 mila le aziende produttrici del cereale che assicurano il reddito di oltre 10 mila famiglie, tra occupati e imprenditori, e produce circa 1,5 milioni di tonnellate di risone l’anno, oltre il 50% dell’intera produzione Ue, con una gamma varietale unica e fra le migliori a livello internazionale.
«Stiamo andando verso riduzioni forti di acqua — ammette il presidente di Ente Risi Paolo Carrà —. Fino a dieci giorni fa la situazione non era così grave, ora andiamo verso uno scenario più pessimistico, anche perché ora è iniziata anche la fase di irrigazione del mais. Vedremo cosa accade a luglio».
Lo scenario è preoccupante. La bellezza delle risaie irrigate, almeno per ora, ha lasciato spazio a piantine germogliate su zolle aride. «Lo scorso anno la superficie coltivata a riso superava i 220 mila ettari — spiega ancora Paolo Carrà —. Oggi siamo sotto i 214 mila ettari e alcuni risicoltori in questi giorni hanno deciso di abbandonare il riso e di destinare i campi a una soia di seconda coltura. Il paradosso è che siamo in una fase di mercato in cui la domanda di riso cresce».
L’unica via è quella di poter ottenere acqua grazie all’apertura delle dighe, una tra tutte quelle di Ceresole Reale. In cinque mesi di coltura una risaia di un ettaro consuma da 13 mila a 65 mila mc d’acqua. «La situazione è critica su tutto il territorio regionale — spiega Ercole Zuccaro, direttore di Confagricoltura Piemonte —. Chi può sfrutta al massimo la possibilità d’irrigazione, con costi molto elevati per il prelievo dell’acqua dai pozzi, a causa del rincaro del prezzo del gasolio agricolo. Nell’area del Piemonte orientale, nella zona del comprensorio idrico Ovest Sesia, si segnala una progressiva riduzione della disponibilità idrica, dal 30 al 50%. Di questo passo e a questo ritmo il rischio di perdita del raccolto diventerebbe concreta. Tra l’altro, è già in corso la sovrapposizione di necessità irrigua tra riso e bagnatura delle altre colture a seminativo».
Un problema che non riguarda solo il riso ma anche l’ecosistema con animali che stanno sparendo e modificando il loro modo di vivere. «Per ora non è ancora possibile quantificare i danni — spiega il presidente di Confagricoltura Enrico Allasia —. Ma le ripercussioni sulle coltivazioni saranno pesantissime». Siamo di fronte ad una emergenza che lascia poco spazio alle soluzioni.la principale sarebbe l’arrivo delle piogge ma guardando il meteo non c’è speranza che cada acqua dal cielo nelle prossime settimane, giorni in cui invece salirà il termometro.
❞ Siamo al paradosso molti abbandonano la coltura del riso mentre il mercato aumenta la domanda Paolo Carrà