Manifattura e turismo, ripresa frenata dall’invasione dell’ucraina
Dopo il crollo del 2020 (-9,4%) il pil del Piemonte è tornato a crescere nel 2021 (+7,1%), registrando un importante recupero dopo le defezioni causate dalla pandemia di Covid. Sono ripartiti gli investimenti, +18,1%, così come le esportazioni (+15%), superando persino i livelli pre pandemici. A trainare la ripresa i distretti manifatturieri e il comparto del turismo, con un forte incremento degli arrivi nella seconda parte dell’anno (+40%). La crescita sarebbe potuta proseguire nel 2022 (altro che effetto rimbalzo), ma l’invasione del territorio ucraino da parte della Russia ha portato a un’inevitabile riduzione delle stime. I costi energetici hanno subito una crescita del 140%, a cui si aggiunge il rincaro delle materie prime, comportando una brusca frenata delle attività e una vulnerabilità generalizzata per tutto il sistema (e soprattutto per la manifattura, il comparto più rappresentativo della regione). Tant’è che un’impresa su tre, tra quelle in ottima salute finanziaria, rischia per effetto della crisi internazionale di scivolare in una condizione di fragilità, mentre il 50% di quelle instabili potrebbe chiudere definitivamente. Nemmeno il tempo di superare una crisi che se ne innesca un’altra. Anche perché l’inflazione si accompagna a uno stop negli scambi economici con la Russia, fondamentali per il Piemonte. Nel 2019 l’export aveva raggiunto i 650,6 milioni, saliti a 820,6 nel 2021 (quarta regione in Italia). Poi lo stop. Per capire la portata del contraccolpo finanziario basta analizzare il peso delle quote piemontesi sul totale nazionale nell’export verso la Russia. Ad essere colpiti dalle restrizioni sono soprattutto quattro settori: bevande (49,1%), alimentari (40,5%), automotive (39,4%) e macchinari (13,4%).