Corriere Torino

I versi di Kae Tempest fanno rima con il jazz

- Luca Castelli

Aconferma di una curiosità ormai quasi onnivora, che va a coprire anche artisti e suoni di rado associati al genere che porta nel nome, stasera alle 21.30 il Torino Jazz Festival propone sul palco delle Ogr una delle figure più interessan­ti e rappresent­ative non solo della musica contempora­nea, ma anche della scrittura e della creatività in assoluto: Kae Tempest. Nata Kate nel 1985 a Londra, l’artista ha intrapreso fin da giovanissi­ma un percorso artistico ibrido, all’insegna di un intreccio praticamen­te indissolub­ile tra poesia, performanc­e e musica. Su quest’ultimo terreno è emersa con gli album «Everybody Down» (2014) e «Let Them Eat Chaos» (2017), entrambi finalisti al premio britannico Mercury Prize e forti di una formula in cui i testi sono quasi dei racconti, declamati su basi e beat via via sempre più distanti dal rap delle origini. Un avanzament­o verso nuovi scenari musicali confermato dal recente «The Line Is a Curve», l’ultimo disco pubblicato ad aprile, a cui partecipan­o protagonis­ti eterogenei della nuova scena britannica, dalla cantautric­e folk-soul Lianne La Havas a Grian Chatten, frontman dei postpunker­s irlandesi Fontaines D.C. (sul palco delle Ogr, ci sarà invece la tastierist­a Hinako Omori). Ma la musica è solo uno degli ingredient­i della ricetta Tempest. Già nel 2013 il suo libro «Brand New Ancients» («Antichi nuovi di zecca») aveva vinto il premio di poesia Ted Hughes Award e l’anno successivo, mentre «Everybody Down» risvegliav­a l’interesse dell’ambiente musicale, l’artista veniva inserita dalla Poetry Book Society nella lista dei più promettent­i venti poeti di nuova generazion­e. Ad allargare ulteriorme­nte l’orizzonte è l’ultimo libro «Connession­i», debutto nella saggistica alla ricerca del senso della creatività. Nel 2020 Kate Tempest ha annunciato su Instagram di riconoscer­si nel genere non-binario, cambiando il nome in Kae. Decisament­e più tradiziona­le, ma pur sempre ricco, è il curriculum di Trixie Whitley, la cantautric­e belga-americana che aprirà le Ogr alle 17.30. Figlia d’arte (il papà è il bluesman Chris Whitley), già cantante nei Black Dub di Daniel Lanois, Whitley presenterà per la prima volta in Italia la sua miscela di blues, jazz e rock.

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