Il Villaggio degli operai
Mezzo secolo fa chiudeva il cotonificio Leumann La cittadella dei lavoratori è stata un sogno di giustizia sociale con servizi medici, sostegno alla maternità, luce elettrica e scuole gratuite
Acinquant’anni dalla chiusura del Cotonificio Leumann di Collegno, avvenuta nel 1972, i finanziamenti legati al Pnrr nazionale (progetto «Pinqua») nell’ambito della riqualificazione dei luoghi di interesse storico e delle periferie porteranno linfa nuova al famoso Villaggio Leumann di corso Francia 313, valorizzando la sua armoniosa bellezza. È un quartiere unico nel suo genere, opera del grande architetto liberty Pietro Fenoglio: deve il suo fascino all’aspetto caratteristico delle palazzine, che sembrano uscite da un libro di fiabe, ma anche alla storia sociale del Villaggio, nato nel 1892 per dare un tetto agli operai del Cotonificio e garantirne una vita dignitosa.
Oggi il Villaggio Leumann appartiene al Comune di Collegno, che ne ha fatto un complesso di case popolari per la popolazione indigente. Con i fondi del Pnrr l’amministrazione comunale sostituirà le staccionate in legno che circondano il complesso, ormai usurate e vandalizzate, poi metterà mano agli edifici che mostrano i segni del tempo.
La famiglia Leumann
La storia imprenditoriale del Cotonificio Leumann iniziò con Isacco Leumann negli anni Trenta dell’ottocento. Era costui un protestante di origine Svizzera e venne a vivere in Italia, in Lombardia nella Lomellina, attratto dalle aziende tessili che impiegavano telai meccanizzati, una tecnologia d’avanguardia per quegli anni, mossi dalla forza dell’acqua. Nella zona di Voghera c’erano molti corsi d’acqua e vi sorgevano opifici da trenta, quaranta addetti. Isacco trovò lavoro in una di queste attività a impostazione nuova. Era un lavoratore intraprendente e si fece strada in fretta.
Alla fine degli anni Sessanta dell’ottocento, Isacco acquistò la sua prima fabbrica dai Tettamanzi di Voghera. Con lui si mise presto al lavoro anche il figlio Napoleone, nato nel 1841 a Lomello: gestivano telai moderni, avevano un gran numero di operai e un giro d’affari in forte crescita. I Leumann avevano solo un problema: la fabbrica sorgeva in un centro abitato. Faceva un gran baccano. I telai lavoravano giorno e notte e la gente protestava, a un certo punto qualcuno citò la fabbrica in giudizio per disturbo della quiete pubblica.
I Leumann compresero il messaggio e decisero di andarsene, trasferendo altrove il loro Cotonificio.
Da Voghera a Collegno
La nuova sede della fabbrica doveva essere fuori dai centri abitati, ma anche facilmente raggiungibile dagli operai, e inoltre vicina ai corsi d’acqua per poter azionare i telai. I Leumann trovarono un luogo con queste caratteristiche in Piemonte nei pressi di Collegno, in una zona che all’epoca era ancora tutta fatta di prati e stradine agricole. Qui i prezzi dei terreni erano bassi e c’erano due grandi bealere d’acqua (oggi sono coperte), tracciate nel medioevo per irrigare i campi: una bealera andava in direzione di Grugliasco, l’altra verso Orbassano. Qui anche il trasporto degli operai era relativamente comodo: a Collegno transitava la ferrovia Torinosusa, ma c’era anche il famoso trenino a vapore Rivoli-collegno-torino del «Consorzio privato rivolese». Merci e persone potevano muoversi comodamente.
I Leumann acquistarono i terreni di Collegno nel 1874 e già dopo un anno i telai erano al lavoro: i primi capannoni (dove oggi sorge l’outlet di Max Mara) furono costruiti in fretta e furia, trasferendo da Voghera i macchinari e una parte delle maestranze, che istruissero in loco nuovi operai. Anche nella fabbrica di Collegno gli affari presero subito a girare bene. I Leumann importavano il cotone dal Marocco, dalla Tunisia, dall’egitto. Facevano i tessuti, ma anche la tintura e il suo finissaggio. Da un nucleo iniziale di cento dipendenti, negli anni Venti del Novecento lo stabilimento raggiunse duemila operai. Nel 1930, alla morte del padre, Napoleone Leumann assunse la guida del Cotonificio.
Cultura di comunità
I primi operai del Cotonificio, provenienti dalle campagne, faticavano a inserirsi nel contesto urbano. Alcuni vivevano in lontane cascine, spesso degradate. Napoleone Leumann decise di costruire per loro un Villaggio completamente nuovo e dotato di servizi. Nel 1892 partirono i cantieri del nuovo borgo sotto la direzione dell’architetto Pietro Fenoglio, tra i massimi esponenti del liberty italiano, che progettò gli edifici secondo elevati standard di qualità: sanità delle fondamenta, buona illuminazione, acqua corrente e servizio igienico per ogni famiglia. Fenoglio si ispirò allo Jugendstil tedesco maneggiandolo con un tocco di liberty italiano. Le piccole case del Villaggio Leumann, oggi di proprietà del Comune di Collegno, hanno diverse dimensioni: due, tre o quattro camere e due piani in base ai nuclei familiari. Fu edificato prima il comprensorio est del Villaggio (verso Torino), poi quello ovest. Dopo venti anni, il progetto terminò con il completamento di sessantaquattro abitazioni: negli anni Venti del Novecento vi abitavano circa novecento persone. Gli operai pagavano un canone di affitto agevolato, gli appartamenti erano loro assegnati a seconda delle esigenze familiari. C’erano (e ancora esistono) attorno alle palazzine piccoli giardini che gli inquilini adibivano spesso ad orto, risparmiando sul costo del cibo. La luce elettrica nelle case era erogata gratuitamente e autoprodotta. Leumann pensò anche ad uno spaccio alimentare, gestito da una famiglia: vendeva a prezzo di costo ai dipendenti. Venne introdotta una moneta particolare, spendibile solo dai dipendenti, che consentiva di comprare il cibo e i tessuti per vestirsi. Nel 1903 Napoleone Leumann volle far sorgere anche un convitto (oggi è Biblioteca comunale) per le operaie che non avevano la possibilità di rientrare nelle proprie case: era gestito dalle suore. Durante la Prima guerra mondiale il convitto venne usato come ospedale militare, durante la Seconda come comando militare tedesco.
Servizi all’avanguardia
Quella del Villaggio Leumann era una comunità socialmente all’avanguardia, dove la maggior parte degli operai era composta da donne. Quando le operaie restavano incinte, non venivano licenziate, ma potevano usufruire di un nido gratuito per i neonati accuditi da persone specializzate. Le mamme — operaie potevano uscire dal reparto per allattare. C’era un asilo e una scuola elementare. C’era anche un ambulatorio dove periodicamente medici e specialisti visitavano gli operai; in caso di malattia il salario perduto veniva integrato da un fondo di assistenza. Nel 1907 l’architetto Fenoglio disegnò anche la chiesa del Villaggio (oggi utilizzata anche dai cristiani di rito ortodosso) in stile eclettico. Fu così completato il moderno borgo degli operai, nel quale i lavoratori si sentivano a casa, dignitosamente curati e corresponsabili dei destini della fabbrica.napoleone Leumann morì nel 1930 dopo aver rifiutato la carica di senatore del Regno: era protestante, repubblicano e aveva mantenuto la cittadinanza svizzera. La gestione della fabbrica continuò con il figlio Felice e con i nipoti Federico e Max, poi con Roberto Leumann.
La chiusura
Negli anni Sessanta del Novecento il Cotonificio entrò in crisi. Dopo la Seconda Guerra mondiale la maggioranza del pacchetto azionario era stata ceduta dai Leumann ai Rossi di Montelera, che avevano compiuto interventi di modernizzazione, senza riuscire a contrastare il declino. Quando fu annunciata la chiusura della fabbrica, le maestranze la occuparono per tentare l’autoproduzione: ci furono scioperi, ma fu tutto inutile. Nel 1972 il Cotonificio chiuse: i capannoni furono ceduti a due aziende di motorini elettrici. Gli operai rimasero ad abitare nel Villaggio Leumann. Il Comune di Collegno, per preservarlo e anche per difenderlo da speculazioni immobiliari, acquistò ad un certo punto l’intero borgo: chi vi abitava poté così restare nella propria casa. Poi, mano a mano che gli alloggi si liberavano, furono passati alla gestione delle case popolari.
Il quartiere liberty sarà rivitalizzato dai fonti per la riqualificazione dei luoghi storici