Corriere Torino

«Carmen non è più quella di una volta: è una donna libera»

Ketevan Kemoklidze è il mezzosopra­no protagonis­ta dell’opera in scena per il Regio nel cortile dell’arsenale: «Questo spettacolo parla di femminicid­io e diritti»

- Francesca Angeleri

«In Georgia si canta. Si canta sempre. Si canta quando si è felici e quando si è in guerra. E la Georgia è, ancora, in guerra. Dormiente, non se ne parla (più) ma è così». È Ketevan Kemoklidze, nata a Tbilisi, l’interprete protagonis­ta della Carmen di Georges Bizet (questa sera c’è la prova generale), il secondo appuntamen­to — martedì, giovedì e domenica alle 21 — del Regio Opera Festival al Cortile di Palazzo Arsenale, nel nuovo allestimen­to con gli scritti a cura del direttore Sebastian Schwarz. L’innovazion­e consta nell’introduzio­ne, in scena, della figura dello stesso Bizet in un dialogo costante con il pubblico, esperienza che Schwarz aveva già proposto con successo sulla Madama Butterfly. Rinnovato, quindi, l’invito all’attore Yuri D’agostino che impersoner­à il compositor­e francese. La regia è di Paolo Vettori.

Ketevan Kemoklidze, cosa pensa di un Bizet in scena?

«Io sono sempre favorevole agli esperiment­i, soprattutt­o se questi sono finalizzat­i ad attrarre un pubblico maggiore, magari anche più giovane, a vedere l’opera. Il personaggi­o di Bizet che spiega ciò che accade è anche molto adatto a una versione estiva che immagino avrà, seduti, anche parecchi turisti».

La questione opera e pubblico giovane è però un po’ sempre ripetuta. Ma davvero pensa che i ragazzi possano apprezzarl­a?

«Certamente. Credo che i giovani possano ritrovare molto di loro e di ciò che li circonda in opere come la Carmen, ma anche nella Bohème

o Il flauto magico o La Traviata. Carmen oggi più che mai poiché affronta temi come la libertà, l’indipenden­za personale, i diritti delle donne».

Com’è la sua Carmen?

«Tante volte l’ho interpreta­ta. E, prima ancora, tante volte l’ho vista a teatro. Al mio Paese si andava sempre all’opera. E sono certa che la Carmen che vedevano i miei nonni non fosse la stessa».

Ci spieghi meglio.

«È sempre stata considerat­a e vista e messa in scena come una donna fatale, provocante e provocatri­ce. La mia Carmen è una donna libera che vuole vivere appieno la sua indipenden­za, che aveva, già a quei tempi, dei soldi suoi da spendere per se stessa perché se li guadagnava. Carmen non ha bisogno dell’aiuto degli uomini nonostante il marchio sociale, se così lo possiamo chiamare, di essere una zingara. Ed è per questo che viene uccisa, perché un uomo non tollera la sua libertà. Ed è per lo stesso motivo che è così amata, anche dalla gente».

È anche una scelta registica?

«La nostra produzione sottolinea molto questo punto di vista. Non c’è nessuna donna che provoca qualcosa: è Don José l’autore di un omicidio ed è l’unico colpevole. Lei difende i suoi desideri e il diritto di non voler più stare con un uomo. Ci sono troppi femminicid­i, non si può non essere chiari su questo».

È un tema che le è caro? «Oltremodo. Sono madre di un maschio di 10 anni e di una piccola di 18 mesi e quando vedo queste donne ammazzate e penso che, oltre alla loro vita distrutta, non potranno più crescere i loro figli, mi sento impazzire».

Lei è georgiana. Cosa pensa della Russia?

«Penso molte cose bellissime. La Russia non è Putin ed è un grande Paese che ha fatto

❞ Nuova sensibilit­à Non è la stessa Carmen che conoscevan­o i miei nonni, fatale e provocatri­ce. Oggi è una donna indipenden­te

❞ Le origini Sono georgiana e conosco bene la guerra. Supporto l’ucraina con tutto il cuore Ma la Russia non è Putin

cose incredibil­i per la scienza e la cultura. Ma ciò che sta succedendo è orribile e io supporto l’ucraina con tutto il mio cuore. Ho trascorso l’intera infanzia con noi in guerra con i russi, anni passati senza luce né gas, con il suono perenne delle bombe e dei fucili che sparavano. Entrarono da noi senza bussare, senza chiedere il permesso. E sono ancora lì. Spero davvero che l’ucraina vinca la guerra».

Fu la musica a portarla via? «Vinsi un concorso che mi fece entrare all’accademia della Scala. Avevo 22 anni quando arrivai a Milano nel 2005. Ero piccola e spaesata, non capivo nulla tanto ero emozionata».

 ?? ?? Sul palco Ketevan Kemoklidze si è formata a Tbilisi e Milano e ha calcato i più prestigios­i palcosceni­ci del mondo
Sul palco Ketevan Kemoklidze si è formata a Tbilisi e Milano e ha calcato i più prestigios­i palcosceni­ci del mondo

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